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Minniti, il rassicurante uomo forte del PD che non c’è più

Oggi Minniti ha sciolto la riserva e si è candidato alle primarie del Partito Democratico.
Si candida come rappresentante dell’ala renziana del partito, anche se lui prende le distanze, perché sa che solo nominare Renzi ormai è una garanzia di sconfitta assicurata.

Il tentativo del PD è ovvio, quasi scontato.
Rispondere all’imbarbarimento del clima sociale e politico con un uomo forte.
Gli italiani vogliono sicurezza?
Noi vi diamo uno che è duro quasi come Salvini, ma almeno è un politico presentabile ed autorevole.
La strategia è chiara, ed è pure comprensibile: cerchiamo di restare a galla rispondendo da pari a pari.

Solo che, al ragionamento, manca una parte fondamentale, ed è una introspezione che all’interno del PD pare che nessuno riesca a fare.
Io, italiano imbarbarito dal clima generale, che ho soprattutto a cuore un’irrazionale voglia di sicurezza e di protezione dei miei confini, perché dovrei votare un ex-comunista che si presenta come nuovo uomo forte, quando ho già al governo un uomo forte che mi rassicura?
Non c’è nessuna ragione al mondo per cui una persona conservatrice, ammaliata dalle sirene neo-fasciste leghiste, dovrebbe votare la versione edulcorata di Salvini.

So benissimo che Minniti è una persona di una statura politica non paragonabile a quella di Salvini.
So bene che Minniti è un politico capace.
Ma so altrettanto bene che Minniti non risponderà a nessuno degli afflati che spingono il popolo del PD.

Stiamo vivendo un’epoca in cui chi ancora crede nell’importanza dei diritti delle persone e che crede che l’apertura verso l’esterno sia la risposta alla crisi attuale si è ormai ritirato a vita privata, perché si sente in minoranza e non vede nessuno che possa portare avanti le sue idee.

Se la risposta a questo malessere è Marco Minniti, allora è evidente che i dirigenti del PD non hanno capito nulla.
Non si può rispondere a Salvini con un politico che, quando era Ministro degli Interni, ha stretto accordi con gruppi paramilitari libici che sono stati incaricati di bloccare le partenza dei migranti e di farli relegare in centri di detenzione definiti da tutti gli osservatori come disumani. Gli stessi gruppi che fino a poco prima organizzavano i viaggi dei migranti (abbiamo imparato a chiamarli “scafisti”, chissà perché) , sono diventati improvvisamente gli incaricati della gestione dei flussi migratori dalla Libia verso l’Italia.
C’è un rapporto di Amnesty International del Dicembre 2017, se volete approfondire; ma ci sono anche due inchieste di New York Times e Washington Post del Settembre 2017 che criticavano la scelta dell’Italia di pagare i trafficanti libici per bloccare le partenze dei migranti.

Marco Minniti vincerà le primarie del PD.
Zingaretti farebbe bene a ritirarsi; è un amministratore capace, ma non ha i numeri per fare il leader di un partito così difficile da governare.
Minniti prenderà probabilmente anche il mio voto se dovesse essere il leader del PD alle elezioni.
Perché di fronte ai fascio-cialtroni della Lega e del M5S sarei pronto anche a votare Andreotti.

Ma la candidatura di Minniti dimostra ancora una volta che il PD non è capace di volare più in alto degli altri partiti.

Avevamo bisogno di un candidato che ripartisse dai diritti delle donne e degli uomini di questo paese, che tornasse a far vedere che la competenza è una virtù e che facesse vedere una luce in fondo al tunnel che stiamo attraversando.
Non avevamo bisogno di una versione meno cialtrona di Salvini.

Sarà per la prossima volta.
Se ci sarà una prossima volta.

Auguri.

Luca

Foto (Stefano Carosei / Imagoeconomica) | Partito Democratico

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E quindi, chi hai votato alle primarie del PD?

Partiamo dalla fine.
Ho votato per Matteo Renzi, nonostante il renzismo ed i renziani dell’ultima ora che hanno seriamente rischiato di non farmi andare a votare a queste primarie.

Una premessa. Per me queste primarie sono state comunque un successo, perché vedere come candidati Matteo Renzi e Pippo Civati, era per me già motivo di grande soddisfazione. Soltanto un anno fa sarebbe stato impensabile. Ma è stata l’unica previsione politica che ho azzeccato in vita mia.

Ripeto per la millesima volta che, secondo me, la configurazione giusta sarebbe stata quella con Pippo Civati segretario del partito e Matteo Renzi candidato Premier, ma questo, soprattutto per responsabilità di loro due, non è stato possibile e allora ben venga Renzi Segretario.

Ho votato Renzi perché la penso come lui su quasi tutto e perché penso che sia l’unico politico capace di scardinare il partito e di vincere in una competizione elettorale. Avrei voluto votare Civati, per la stima che ho per lui, ma alcune sue posizioni forti non mi convincono, su tutte la TAV e l’idea di una grande sinistra con SEL, che è un’idea bocciata dalla storia. Della campagna elettorale di Civati mi ha poi stancato la sua ossessione per i 101 che non hanno votato Prodi al momento di scegliere il Presidente della Repubblica, perché sul merito aveva ragione, ma alla lunga è un argomento che stanca e che non serve a niente e a nessuno.

A chi dice che oggi si celebra la fine del Partito Democratico, vorrei chiedere una cosa. State parlando del partito, la cui classe dirigente ha deciso di candidare Cuperlo, andando incontro ad una sconfitta elettorale clamorosa, rischiando di essere battuti perfino da Civati che era praticamente un battitore libero, senza nessun notabile del partito a supportarlo? Se è questo il PD, allora sarebbe morto alle prossime elezioni, è stata soltanto accelerata la sua scomparsa, non vi preoccupate.

A chi, invece dice che il PD è stato svenduto alla destra del partito, vorrei chiedere una cosa. Stiamo parlando del partito che fino a due settimane fa sosteneva un governo insieme a Berlusconi e che oggi lo sostiene insieme a Cicchitto, Alfano, Formigoni, Quagliarello e Giovanardi? Stiamo parlando del partito che in venti anni non è mai riuscito a prendere una posizione seria su unioni civili (non parliamo di matrimoni gay), fecondazione assistita, obiezione di coscienza alla 194, scuola pubblica e mille altre tematiche di sinistra? Se è questo il partito di sinistra di cui oggi iniziate a sentire la mancanza, potete stare sereni. Non era un partito di sinistra.
Al PD, di sinistra, era rimasto soltanto un rapporto malato con la CGIL, che l’ha inchiodato a mantenere posizioni novecentesche sui diritti dei lavoratori, occupandosi soltanto di pensionati e dipendenti pubblici, e dimenticandosi dei giovani, dei precari e soprattutto di chi merita di lavorare indipendetemente dall’iscrizione o meno al sindacato.

Renzi può cambiare quest’ordine di cose, proponendo un’impostazione più liberal del partito.
Se essere di sinistra significa essere la CGIL, allora la sinistra può morire.
Se essere di sinistra significa portare avanti la meritocrazia, tenendo a freno la spesa pubblica, ma avendo sempre un occhio per la classe media e per le classi più svantaggiate, affermando la laicità dello stato, allora la vittoria di Renzi può essere il primo passo verso la costruzione di questa nuova sinistra.

Oggi è un buon giorno per la sinistra moderna.
Spero di non sbagliarmi.

Luca

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Lo stucchevole marketing politico

Suzukimaruti (Enrico Sola), uno molto bravo, che conosce bene il mondo della comunicazione, è diventato un renziano di ferro.
Enrico dovrebbe sapere che giocare con i social in questo modo può, in breve tempo, diventare controproducente.

Perché se non andarono bene i 300 spartani per Bersani, non va bene nemmeno il caramello per Renzi.

E non sono solo io a notarlo.

Luca

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Le primarie sanciranno lo scisma del PD?

Marco Damilano ha scritto un post che vi consiglio di leggere.
Perché la scelta di Prodi di non votare alle primarie del PD non può non far riflettere noi e soprattutto dovrebbe far riflettere chi si candida a guidare il partito.

Non di giorni, ma di anni di menzogne e di tradimenti è fatta la storia del centrosinistra. L’ultimo no di Prodi, la decisione di non votare alle primarie, che tutti si sono affrettati a «guardare con rispetto», chiude definitivamente questa sfortunata storia del Pd. E anticipa quella che potrebbe essere la scelta di tanti: lo scisma silenzioso, come si intitolava un libro del filosofo Pietro Prini, quello tra il popolo e il vertice, il riflusso nel non voto dei tanti delusi da questa classe dirigente. Sbaglia Matteo Renzi se sottovaluta questo stato d’animo: il suo problema non è convincere Prodi a superare l’amarezza, ma i tanti altri che non si ritrovano in questa campagna congressuale, compresa la sua. C’è un salto enorme tra il Renzi dirompente e all’attacco visto l’altra sera da Santoro e alcuni renzini locali, in difficoltà quando devono spiegare chi sono e cosa vogliono, quando c’è da fare politica e non auto-intrattenimento.

Eppure il rischio è mortale, perché senza il coinvolgimento di quella massa critica, il popolo delle primarie, finiranno per vincere i protagonisti del disastroso ventennio appena passato, gli stessi che hanno condotto il centrosinistra nella notte più buia, nascosti alle spalle dei loro ex colonnelli o eredi. Una vittoria sulle macerie: scarsa partecipazione alle primarie, un nuovo segretario già logorato in partenza, un partito diviso tra i micronotabili locali di cui parla Mauro Calise in “Fuorigioco”. Vedi la sezione di Pietraperzia in provincia di Enna, dove domina l’ex ds Mirellino Crisafulli: 151 votanti, 149 voti per Cuperlo. Chi invece ha interesse a chiudere quella pagina, si chiami Renzi o Civati, ha il dovere di combattere nelle prossime settimane. E forse allora si capirà il significato del gesto di Prodi.

Luca

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Amnistia, indulto, Renzi e Civati

Non mi sono piaciute per niente le parole di Matteo Renzi, contro amnistia ed indulto.
Sono una presa di posizione adottata in modo cinico sulla pelle dei detenuti.
Senza contare che, essendo ormai più di metà dei parlamentari del PD diventati renziani, è anche una forte presa di posizione politica che renderà impossibile l’approvazione di questi due atti in parlamento.
(Nota a margine: leggetevi questa lettera scritta da un normale cittadino finito per errore in carcere a San Vittore per farvi un’idea di come si viva nelle prigioni italiane).

Sulla questione, Pippo Civati scrive una riflessione articolata, facendo anche delle proposte concrete.
Civati e Renzi sembrano essere d’accordo su una cosa.
Per liberare le carceri, non bastano gesti di clemenza adottati a posteriori, ma bisognerebbe fare in modo che alcuni reati meno gravi non fossero puniti con il carcere.
Entrambi, sia Renzi che Civati, si scagliano contro la legge Bossi-Fini (immigrazione) e Fini-Giovanardi (droga).

E su quest’ultima, Matteo Renzi è poco chiaro.
Perché, se la sua posizione contraria ad indulto ed amnistia è, e spero di sbagliarmi, una scelta elettorale, una posizione più morbida sui reati connessi alla droga, gli potrebbero costare ancora di più in termini di consenso sullo stesso bacino elettorale.
Su questi due argomenti, immigrazione e lotta alla droga, Renzi deve essere più chiaro. Se vuole provare a farsi capire anche al suo elettorato di sinistra.

Sul tema della Fini-Giovanardi, Pippo Civati, che sui temi dei diritti è due passi avanti a Renzi, mi sembra molto più centrato.

Per selezionare efficacemente la popolazione carceraria bisogna impegnarsi a conoscerla. Il carcere è la casa degli ultimi. Per renderla più vivibile bisogna agire sui reati degli ultimi. Un quarto dei detenuti è in carcere per reati connessi all’utilizzo/spaccio di sostanze stupefacenti. E’ indispensabile superare l’ottuso rigore della legge Fini-Giovanardi e, soprattutto, investire sulle strutture socio-riabilitative come centri dove scontare la maggior parte della pena. I reati in materia di stupefacenti necessitano, in linea di massima, di una risposta in termini di assistenza più che di carcere.

Matteo Renzi invece, quando parla di cambiare la legge Fini-Giovanardi, cosa ha in mente?
Ce lo faccia sapere, che qui c’è ancora da capire per chi votare alle primarie.
E, da queste parti, siamo pronti a tollerare tutto, tranne l’intolleranza.

Luca

Foto | Le Murate, antico carcere di Firenze, ora trasformato in zona residenziale e commerciale.