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La meraviglia del Nanga Parbat

nanga parbat

Simone Moro, uno dei più forti alpinisti italiani, si sta preparando a scalare il Nanga Parbat.
Sarebbe la prima scalata invernale di una delle montagne più alte ed insidiose della terra.

Ieri l’ottimo Matteo Zanga, fotografo della missione, ha scattato questa foto alla parete Diamir del Nanga Parbat.

Simone Moro racconta la sua avventura in un blog della Gazzetta.
Anche Matteo Zanga ha un blog nel quale racconta il suo lavoro di fotografo a seguito di una spedizione alpinistica.

Guardando le loro foto e leggendo i loro racconti riusciamo quasi a capire come sia possibile aver voglia di tentare imprese tanto impossibili.

Luca

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natura

Karl Unterkircher ed il Nanga Parbat

Karl Unterkircher di fronte al Nanga Parbat

Non ho mai arrampicato.
Soffro pure un po’ di vertigini.
Però adoro la montagna e sono affascinato dalle storie degli uomini che provano a conquistarle.

Da ieri Karl Unterkircher è disperso sul Nanga Parbat, dopo essere precipitato in un crepaccio.
I suoi due compagni di scalata, Walter Nones e Simon Kehrer, non potendo tornare indietro, hanno dovuto continuare a salire per raggiungere la fine della parete e tentare di tornare al campo base.
I tre alpinisti stavano tentando di aprire una nuova via sulla parete Rakhiot della montagna terribile.

Senza voler essere fatalisti ad ogni costo, vorrei farvi notare che Karl Unterkircher è morto proprio nel punto che sembrava temere di più:

Il seracco intermedio deve fare il “bravo” da 8 a 10 ore, non chiediamo poi tanto. Sfrutteremo una costola nevosa fino sotto la fascia di rocce dove ci ripareremo per la notte. Martedì speriamo di riuscire a saltare sopra al “nostro” seracco intermedio. Allora saremo a cavallo del pilastro: dopodiché toccherà a noi riuscire a superare la parete. Una volta che avremo raggiunto il pianoro sommitale, punteremo la vetta.

Silvio Mondinelli coordinerà la missione di soccorso che partirà domani dall’Italia per tentare di salvare gli altri due alpinisti.

I tre alpinisti avevano scalato due settimane fa il Chongra Peak.
Qui il loro video con la testimonianza dell’impresa.
Le immagini ed i suoni della natura ripresi dalla telecamera riescono forse a farci capire meglio cosa spinge questi uomini a sfidare le montagne a costo della loro stessa vita.

Luca

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La montagna ha restituito ciò che aveva nascosto

Ieri è stato ritrovato il corpo di Guenther Messner, fratello di Reinhold, morto nel 1970 durante la discesa dal Nanga Parbat, il nono ottomila dell’Himalaya.

Ci sono voluti 35 anni per scagionare Messner dall’accusa di aver abbandonato il fratello durante la salita a quella che viene considerata una delle cime più pericolose del mondo.
Si perché il capo della spedizione dichiarò che il fratello più piccolo di Messner era morto durante l’ascesa e non durante la discesa e che Reinhold, pur di non rinunciare alla conquista della vetta, lo aveva abbandonato, ormai stremato.

Due anni e mezzo fa fu trovato, nella zona indicata da Messner, un frammento osseo che è risultato essere appartenente al fratello. Questo confermò la versione dell’altoatesino: Guenther era morto durante la discesa lungo il versante Damir, strada mai percorsa da nessuno prima di allora e quindi sconosciuta.

Ieri la conferma definitiva, arrivata grazie al ritrovamento del corpo di Guenther.

35 anni per dimostrare di non aver abbandonato il proprio fratello. Non sono pochi.

Messner in quella spedizione perse alcune dita dei piedi e, al ritorno in Italia, si fece 3 mesi di clinica per riprendersi dallo shock.
Prima di diventare forse il più famoso alpinista del mondo.
Se volete, leggetevi la storia qui.

Luca