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Elisabetta e Silvio

Quelli nella foto sono Elisabetta e Silvio.
Lei, è Elisabetta Ballarin, la ragazza che avete conosciuto come la donna delle Bestie di Satana.
Lui è Silvio Pezzotta, il padre di Mariangela, uccisa da Andrea Volpe, quello che avete conosciuto come il leader delle Bestie di Satana.
Elisabetta sconta una condanna a 23 anni di carcere per concorso nell’omicidio di Mariangela.

La foto è stata scattata il giorno in cui Silvio ha premiato Elisabetta con una Borsa di Studio intitolata alla madre di lei, morta in un incidente.

Se avete un’ora di tempo, vi consiglio di guardarvi l’intervista trasmessa dalla TV Svizzera.
Quello che ci hanno raccontato su quella terribile vicenda di cronaca nera è molto distante dalla realtà.

È la storia tragica e bellissima di una donna punita oltre ogni limite per un delitto nel quale ebbe un ruolo secondario e che non fece mai parte delle Bestie di Satana.
Andrea Volpe, responsabile in tutto di 4 omicidi, è stato condannato a 20 anni di carcere.
Lei, colpevole di averlo coperto in uno dei 4 omicidi, deve scontarne 23.

Due anni fa Elisabetta ha inoltrato richiesta di grazia al Presidente della Repubblica.
Tra i firmatari della richiesta, c’è anche Silvio, il padre di Mariangela, per il cui omicidio Elisabetta sta scontando la sua condanna.

Luca

Via | Mante

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diritti umani

Come pensavate che potesse essere la foto di un bambino morto annegato?

Quando ieri sera ho visto apparire su Twitter la foto del bambino siriano morto sulla spiaggia, sono rimasto sconvolto.

È una foto (sono foto) tremenda.
La foto di qualunque bambino morto è tremenda, perché la morte non può essere associata all’immagine di un bambino.
È una associazione che la nostra ragione rifiuta.

La discussione si è incentrata, come è tipico dell’onanismo giornalistico, sul fatto se fosse giusto o meno far vedere quella (quelle) foto.
Molti giornali l’hanno messa in prima, affiancata da editoriali che ne spiegano il motivo della pubblicazione.
Tutti, o quasi, concordano sul fatto che sia giusto far vedere quella foto, perché non possiamo più far finta di niente.

E io mi chiedo come pensavamo che fosse un bambino morto affogato.
Quando abbiamo sentito mille volte raccontare di un barcone affondato, con a bordo anche donne e bambini, come pensavamo che apparissero i corpi di quelle donne e di quei bambini?

Io vorrei che avesse ragione Mario Calabresi, che oggi scrive così su La Stampa:

il rispetto per questo bambino, che scappava con i suoi fratelli e i suoi genitori da una guerra che si svolge alle porte di casa nostra, pretende che tutti sappiano. Pretende che ognuno di noi si fermi un momento e sia cosciente di cosa sta accadendo sulle spiagge del mare in cui siamo andati in vacanza. Poi potrete riprendere la vostra vita, magari indignati da questa scelta, ma consapevoli.

Vorrei che avesse ragione.

Ma non ci posso credere che ci servisse vedere la foto di un bambino morto affogato per renderci conto che non può mai essere giusto che i bambini muoiano mentre scappano da un altro tipo di morte.
Se fosse così, saremmo troppo stupidi.
O saremmo troppo intelligenti se, dopo aver visto quella foto, riuscissimo a cambiare idea.

Luca

Foto (Dan Kitwood / Getty) | The Atlantic

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diritti umani internet

Esco di rado e parlo ancora meno

Negli ultimi mesi è molto cambiato il mio rapporto con questo blog, con internet, con il rutilante mondo dei social.
Non scrivo quasi più niente, anche se continuo a leggere quello che scrivono gli altri.
Non è che non abbia cose da dire, è che là fuori ormai siete in troppi per poter parlare liberamente.

Capisco perché i ragazzi siano fuggiti da Facebook.
Sai che ogni cosa che scrivi verrà letta da chiunque, almeno fino al quarto grado di parentela.
E sinceramente, è difficile che da adolescente tu possa esprimere liberamente quello che pensi quando sai che tutti i tuoi conoscenti adulti ti leggeranno.

Per me vale un po’ lo stesso, anche se l’adolescenza l’ho superata da un po’.
Prima di scrivere qualcosa, ci pensi talmente tanto, che alla fine decidi quasi sempre di lasciar perdere.

A disorientarmi, non è soltanto il fatto che sui social ormai ci siano tutti, ma è anche la quantità e la qualità delle cose che il tuo newsfeed ti propone. Negli ultimi mesi sono sicuramente di più i contenuti che nascondo di quelli che condivido.

In questi giorni di emergenza migratoria, il disorientamento è cresciuto, perché vedo scorrere immagini raccapriccianti che non so come affrontare. La foto dei cadaveri dei migranti ammassati dentro il camion aggiunge qualcosa alla nostre idee sulle politiche migratorie?
Ha senso far girare quelle immagini dentro ad un social network che è principalmente legato allo scazzo ed al divertimento?
Devo io sentirmi in colpa per quei morti, quando ormai ho litigato con chiunque conosca per difendere il dovere di soccorrere i clandestini?
Ha senso condividere quelle foto per denigrare politici populisti come Salvini o Grillo che sulla immigrazione ci stanno costruendo un consenso politico?

Ovviamente, non ho risposte, mi limito ad osservare, a leggere e a tentare di farmi un’idea delle cose.
Come stasera, quando ho letto la riflessione di Massimo Mantellini nella quale ho ritrovato un disorientamento simile al mio.

Sulla questione dei migranti, vorrei dire una cosa soltanto.
Aldilà delle politiche degli stati, dell’Unione Europea, dell’ONU e di tutto quello di cui vi riempite la bocca, aldilà di tutto questo, ci sono soltanto due strade.
Al padre siriano che sbarca su una spiaggia, mentre tiene in braccio la figlia ed il figlio, potete dare soltanto due risposte: si o no.
Potete rispedirlo a casa o potete soccorrerlo.

Perché aldilà di tutte le grandiose seghe mentali che si leggono sui vostri post, le scelte sono soltanto due.
E vi auguro con tutto il cuore di non ritrovarvi mai nelle condizioni di quel padre.

Luca

Foto | Daniel Etter for The New York Times

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diritti umani

20 anni fa, la Bosnia

La guerra, durata 3 anni, finì 20 anni fa.
Alle porte di casa nostra, una mattanza che la comunità internazionale non volle o non fu in grado di fermare.

Luca

Via | Internazionale

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politica

Se fossi Tsipras mi vergognerei

Solo in Italia potevamo creare una lista elettorale ispirata ad un uomo capace di indire un referendum per scaricare sui cittadini il peso di una scelta che i cittadini non possono essere in grado di prendere.

Le signore anziane, in fila davanti alle banche, per ritirare la pensione che questo mese non potranno ritirare, sono secondo me l’immagine dello sfacelo a cui possono portarci certe teorie populistiche.

Affidarsi al popolo per nascondere la propria incapacità di saper prendere decisioni.
E di questo tipo di politica in Italia abbiamo anche provato a costruire un modello da seguire.

Luca

Foto | AP Photo/Petros Giannakouris via Il Post