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Siamo stati almeno una volta quelli che

Avevo già detto qualcosina qualche tempo fa sulla violenza contro le donne.
Oggi Francesco Piccolo ha scritto su Repubblica una cosa molto bella per i maschi e sui maschi.
Ha, purtroppo e tristemente, molta ragione.

Siamo stati almeno una volta (e anche di più) nella vita quello che urlava sopra, che non faceva parlare, che doveva parlare prima lui; quello che spiegava come bisogna comportarsi, o come fare una cosa, o addirittura come bisogna vivere; quello che ha cercato di imporre il suo ruolo, quello che si è incazzato di più perché sapeva di avere torto; quello che non ha accettato che si amasse un altro uomo (non ha accettato è poco). Quello che si ricorda che aveva ragione anche due mesi dopo, e chiama, e dice: hai visto che avevo ragione? Quello che quando parla a una riunione si rivolge agli altri uomini. Quello che si dimentica come si chiama la collega. Quello che manda messaggi ambigui per tutta la vita. Quello che sul treno si sente in dovere di rivolgere la parola a una donna che siede di fronte solo perché è carina, e non riuscirebbe a tornare a casa senza averlo fatto. Quello che si appropria delle idee delle altre, disinvoltamente. Eccetera, eccetera, eccetera.

Luca

Foto | Cartoon Movement

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diritti umani

Solidarizzare con tutti, essere dalla parte di nessuno

Oggi Francesco Costa nella sua puntata giornaliera di Morning, riguardo alla guerra tra Israele ed Hamas, invitava a solidarizzare con le vittime israeliane e palestinesi, senza per forza schierarsi con gli uni o con gli altri.

Questa è un po’ la mia posizione da sempre sul conflitto Israele-Palestina.

Perché è evidente a tutti che né il governo israeliano, né Hamas vogliono una soluzione pacifica.
La soluzione dei due stati è ormai una ipotesi infattibile, in un panorama in cui entrambi i contendenti vogliono soltanto la distruzione del nemico.

Di chi sia la colpa, chi abbia iniziato prima, chi abbia più o meno ragione, non conta più nulla.

Possiamo soltanto solidarizzare con i civili israeliani uccisi, con gli israeliani rapiti e che verranno probabilmente giustiziati da Hamas, e con i palestinesi assediati, affamati e bombardati da Israele.

In giorni in cui tutti provano a schierarsi con gli uni o con gli altri, decidendo chi abbia ragione e chi abbia torto, credo che la cosa più utile sia non schierarsi con nessuno dei due e stare soltanto dalla parte delle vittime di entrambi.

Luca

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diritti umani

Il silenzio non è assenzo

È sempre imbarazzante parlare di violenza sulle donne, quando a farlo è un uomo.
Molti di noi uomini viviamo questo tema come se fosse estraneo a noi, come se dovessimo parlare di mestruazioni o di gravidanza.
Non ci riguarda.
Noi del resto siamo brave persone, non toccheremmo una donna con un dito o, come diceva un proverbio che mi declamava mia nonna quando mi azzuffavo con mia sorella:
“Una donna non si tocca neanche con un fiore”.

Eppure non è così, lo sappiamo bene che non è così.
Perché quella che in molto definiscono “cultura dello stupro” è qualcosa che ci sta dentro, a livello culturale, da cui non possiamo sentirci esclusi.

Succedono poi casi di cronaca, come quello di Palermo che, nella loro brutalità, ci fanno ritornare a pensare a noi, a come noi uomini siamo stati cresciuti, a quale visione dell’uomo e della donna abbiamo assimilato.

Sui social molte donne in questi giorni lamentano il fatto che nelle storie e nei post, sono pochissimi gli uomini ad aver preso posizione sul tema.
Ecco allora il mio contributo.

La prima cosa che verrebbe da dire è che non c’è niente da dire di fronte ad un atto di tale bestialità.
Eppure qualcosa da dire c’è.
Perché se un gruppo di uomini (smettete di chiamarli ragazzi) decide di portare in un luogo isolato una ragazza ubriaca e di abusare di lei, allora mi viene da chiedere com’è che, su sette uomini presenti, nessuno si sia messo di mezzo, abbia provato a far ragionare gli altri.
Sappiamo tutti quanto siano devastanti per il libero arbitrio le dinamiche del branco, ma se l’arbitrio è libero, allora ognuno è responsabile, non solo degli atti che fa, ma anche di quelli che non impedisce che facciano gli altri.

Se non mi fermo a soccorrere una persona vittima di un incidente stradale e posso essere incriminato per omissione di soccorso, allora, a maggior ragione, se partecipo ad una violenza, sono responsabile a tutti gli effetti.

Amnesty International, come tante altre associazioni sta portando avanti una campagna sul tema del consenso perché, la nostra cultura patriarcale maschilista, è inutile nasconderci, ci porta a considerare il corpo della donna un po’ come una cosa nostra.

amnesty consenso 2

Per cui, se una ragazza si veste in modo provocante, evidentemente è in cerca di un uomo con cui fare del sesso e quest’uomo si sentirà assolto dal fatto di aver visto un corpo evidentemente a sua disposizione.
Sono meccanismi culturali difficili da scardinare che, i più avveduti combattono, mentre gli uomini meno senzienti cavalcano, sentendosi giustificati a disporre del corpo delle donne, anche quando sono ubriache e quindi non capaci di intendere e di volere.

In tutto questo, come sempre, il ruolo degli adulti non è quello di fare ramanzine, ma di dare il buon esempio.
Amando e rispettando le donne, permettendo loro di essere padrone del loro corpo e delle loro scelte, ammirando le loro capacità e rispettando la loro libertà, anche sessuale.
Tutto molto bello, ma tutto molto difficile da mettere in pratica in una società in cui siamo stati abituati a leggere la realtà in modo del tutto diverso, tutto incentrato e focalizzato sulla dominanza del maschio.

Quindi, l’unica cosa da fare, come sempre è quella di provare ad essere brave persone, bravi ragazzi, bravi uomini, bravi compagni.
Tutto il resto, dalla castrazione chimica tanto cara ai fasci, al “buttiamo via la chiave”, al “se lo facessero a mia figlia li ucciderei tutti”, non serve a niente, serve solo ad avvelenare i pozzi e ci impedisce di pensare lucidamente.

Indigniamoci meno e comportiamoci meglio.
Da oggi, da ora, da subito.

Luca

Immagini | Amnesty International

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vivere

Pensierino di fine anno

È stato un anno strano per molti di noi, che siamo tornati alla normalità, ma non senza un disagio di fondo che il lungo periodo di lock down ci aveva lasciato dentro.
Ci siamo ributtati nella vita di prima, facendo fatica a riprendere un passo che ci rendevamo conto di non riuscire più a tenere.
La tentazione, sempre forte, di ritornare nella nostra grotta, di rinunciare a quella libertà che tanto ci era mancata.
Buttarsi sul lavoro, riempiendo il tempo con le cose urgenti da fare, poche volte con le cose importanti da portare avanti.

Questi dieci minuti di Mario Calabresi al TEDx di Milano mi hanno fatto pensare.

Lui dice che le cose importanti sono facili da riconoscere:

Le cose importanti sono quelle che se non le facciamo avremo un rimpianto.

Se avete tempo, ascoltatelo.
Magari, anche a voi, verrà voglia di scrivere un fogliettino la domenica sera da tenere in tasca tutta la settimana.

Luca

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libri

Qual è il modo migliore di esercitare la libertà?

“Qual è il modo migliore di esercitare la libertà?” le chiese. […]
“Farlo volontariamente,” rispose. “Irregolarmente. Rifiutando le abitudini. Rompendo gli schemi. Trasgredendo razionalmente le regole irrazionali. Tenendo segreti. Restando non visti. Con la solitudine. L’indifferenza sociale. Combattendo i poteri cattivi. Con l’irriverenza per l’autorità. Andando senza limite o calendario per la tua giornata e per il mondo. Scegliendo quando partecipare e quando ritirarti.”

da “The Every” di Dave Eggers

Foto | © FRANCESCA MANTOVANI per Vanity Fair