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Siamak Pourzand

Nei giorni del matrimonio reale e dell’uccisione di Bin Laden se ne è andato nell’ombra un grande protagonista della battaglia in Iran contro il regime degli ayatollah: Siamak Pourzand. Lo chiamavano il Mandela dell’Iran.
Lo racconta Christian Rocca:

Siamak Pourzand, 80 anni, giornalista e saggista, si è gettato dal sesto piano della sua abitazione di Teheran, dove ha vissuto agli arresti domiciliari gli ultimi 5 anni della sua vita. Pourzand non aveva mai voluto lasciare il suo paese, malgrado avesse perso il lavoro all’indomani della rivoluzione islamista. Nel 2001 è stato rapito per alcuni mesi dai servizi segreti, torturato e liberato soltanto dopo essere stato costretto a una confessione pubblica alla tv nazionale. Le accuse erano di aver ricevuto soldi dalla Cia e di aver avuto una relazione extra-coniugale. Pourzand, per questi reati inventati, è stato condannato a 11 anni e 74 frustate. Quando i familiari gli proposero di lasciare il paese, Pourzand decise di non mollare: «Starò qui fino a quando potrò testimoniare davanti a una nuova Commissione per la verità e la riconciliazione tutto quello che questo regime ci ha fatto». Ora che è morto, per responsabilità del regime, il regime ha negato ai familiari e agli amici di parlare al funerale. Alla cerimonia metà del pubblico era formato da agenti dei servizi segreti. Sua figlia Banafsheh Zand-Bonazzi, infaticabile militante dei diritti umani a New York, sta cercando di far conoscere la battaglia da dissidente di suo padre in America e in Europa. A Londra si terrà presto un memorial per raccontare la battaglia di suo padre. E in Italia?

Si, perché stando dietro alle diatribe da pollaio della nostra politica, finisce che ci dimentichiamo di quelli che la politica la intendono in modo un po’ più alto.

Luca

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La risposta è no

La domanda è questa:

Se Bin Laden è stato trovato grazie alle tecniche di interrogatorio usate dalla CIA sui prigionieri, allora possiamo in alcuni casi ammettere l’utilizzo della tortura?

Luca

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Se soltanto potessimo dire della vergogna del 41-bis

Il tenutario del blog, che da molti anni si interessa a tempo perso alle questioni inerenti i diritti umani, è da sempre contrario al 41-bis e sposa, per una volta, Filippo Facci e quanti vorrebbero l’abolizione di questa norma ingiusta:

Non puoi avere carta per scrivere, penne, giornali, fotografie di nessuno, non più di due pacchi al mese, non puoi comprare cibo né niente, le tue lettere vengono lette, non puoi tenere nessun oggetto – solo un libro, uno solo – e non puoi lavorare o studiare o fare attività fisica. Puoi passeggiare due ore al giorno in cortili stretti con recinzioni e griglie, le finestre hanno una rete a maglie strette e una tapparella di ferro. Non puoi avere più di due magliette al mese, niente messa, non puoi presenziare nell’aula del tuo processo, puoi vedere i tuoi familiari per un’ora al mese attraverso un vetro e un citofono, e per dieci minuti i tuoi bambini: e qui le scene più penose, perché spesso sono in tenera età e piangono, urlano, scappano dal padre che non hanno mai visto o non riconoscono dopo anni.

Ora: questa cosa si chiama 41-bis, cosiddetto «carcere duro», ma si chiama anche tortura legalizzata: perché è un articolo di legge che col pretesto di isolare un detenuto mira in realtà a fiaccarlo e annullarlo nel corpo e nella mente. Non c’è docente di diritto che non lo giudichi incostituzionale, e un giudice americano giunse a negare l’estradizione di un boss perché il nostro 41 bis – disse – corrispondeva a tortura. Ieri l’on. Giuseppe Gargani, su Libero, ne ha proposto l’abolizione o almeno la modifica: mi onoro di affiancarlo. Ma parlar male di Garibaldi, nell’Italia di oggi, in confronto è niente.

Si lo so che Falcone e Borsellino erano strenui difensori del 41-bis e che forse il suo utilizzo è stato utile nella lotta alla mafia.
Ma quando una cosa è sbagliata, lo è in ogni caso.

Amnesty International lo denunciò già nel 2003:

C’è preoccupazione che il cosìdetto regime di massima sicurezza 41-bis […] possa in certi casi essere considerato un tratttamento crudele, inumano e degradante.

In un paese moderno dovremmo poter discutere anche del 41-bis senza doverci dividere in amici e nemici della mafia.
Prima di tutto dobbiamo essere amici dell’uomo e dei suoi diritti.
Il 41-bis certifica che ci sono uomini meno uomini di altri.
E questo, in uno stato moderno, è inaccettabile.

Luca

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Obama e le torture

Obama sta agendo con i piedi di piombo sulla questione della CIA e delle torture utilizzate negli interrogatori dei presunti terroristi.
Negli USA un presidente non può sputtanare il suo predecessore.

Intanto però ha tolto alla CIA la competenza sugli interrogatori e l’ha data all’FBI.

Come dire che quello che è stato fatto negli anni precedenti non andava fatto e che da oggi si prova a cambiare regime.

Luca

Via | NYT

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Le parole che non ti ho detto

Se l’amministrazione americana arriva ad ammettere pubblicamente, per voce del Presidente, di aver discusso ed approvato l’utilizzo della tortura per estorcere informazioni da terroristi o presunti tali, vi immaginate cosa possano aver fatto veramente ai loro prigionieri?

Secondo la AbcNews nelle riunioni le tecniche di tortura furono affrontate nei minimi dettagli e in alcuni casi le maniere forti furono addirittura “coreografate”. Si parlò anche del numero di volte che gli agenti della Cia avrebbero potuto usare un singolo metodo. Vennero varate anche tattiche “combinate”: l’uso di più di una tortura su un singolo detenuto per spezzare la resistenza di presunti terroristi considerati ossi particolarmente duri.

Ad essere usate sui prigionieri sono tecniche di tortura “morbida”, nel senso che non lasciano traccia sul corpo di chi le subisce. Quindi, esposizione prolungata a temperature molto fredde, annegamento simulato, privazione del sonno con obbligo a rimanere in posizioni scomode (per periodi fino a 40 ore consecutive) ed ascolto di musica a volumi altissimi.

Un magazine americano, di quelli che in Italia non esistono, pubblicò tempo fa anche la playlist dei brani utilizzati durante gli interrogatori.
Eccola:

Potreste fare una prova.
Caricate i brani nel vostro lettore mp3, alzate il volume al massimo, incollate gli auricolari negli orecchi del vostro collega e dopo qualche ora di ascolto chiedetegli di darvi la sua chiavetta per la macchinetta del caffè. Ve la darà.

A parte gli scherzi cretini, sarebbe bene che l’Italia prendesse una posizione contro l’atteggiamento degli USA.
Magari approvando una legge contro la tortura che, pare incredibile, ma in Italia non è ancora riconosciuta come reato specifico dal codice penale. E’ una delle richieste fatte da Amnesty International ai candidati alle prossime elezioni politiche.

Un giorno potrebbe capitare a voi di trovarvi sdraiati in un lettino con qualcuno che vi spara acqua in gola.
E potrebbe non essere il collega al quale avevate precedentemente estorto la chiavetta del caffè.

Votate bene!

Luca