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Libertà per la Birmania

Insomma, stamattina la maglietta rossa me la sarei voluta anche mettere.
Il fatto è che era freddo e diluviava.
Allora mi sono messo una camicia (non rossa) e la mia solidarietà alla Birmania la esprimo con l’header del blog.

E per fare schifo alla giunta militare io continuo a chiamarla Birmania.

Notizie in diretta dalla Birmania su PeaceReporter.
Se volete, passate a firmare l’appello di Amnesty per liberare gli arrestati di ieri.

Ieri pomeriggio durante Caterpillar un italiano in collegamento telefonico dalla Birmania ha detto che tutti i monaci buddisti sono stati arrestati e rinchiusi dentro un vecchio ippodromo.
Sui giornali e nei TG non ho sentito dire niente del genere.
Speriamo bene…

Luca

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In Myanmar i militari sparano sui manifestanti

Alla fine in Myanmar è successo quello che era facile prevedere.
La pacifica protesta dei monaci contro il regime militare è finita in un bagno di sangue.

Intanto all’assemblea dell’ONU i capi di stato sfilano per dire le solite cose che non portano mai a niente.
Quando la gente muore, l’ONU è sempre altrove.

Amnesty International chiede l’invio immediato di una missione del Consiglio di sicurezza Onu.

Il rischio di una svolta repressiva obbliga la comunità internazionale ad agire con urgenza. Occorre dire al governo di Myanmar, con la massima chiarezza, che il prezzo di una nuova repressione, come quella del 1988, sarebbe altissimo. I dimostranti hanno il diritto di manifestare le loro opinioni e le autorità di Myanmar devono rispettare pienamente questo diritto. La Cina, come membro permanente del Consiglio di sicurezza e partner importante di Myanmar, deve giocare un ruolo fondamentale, così come i paesi dell’Asean, il Giappone e l’India devono usare la loro influenza per porre fine all’emergenza dei diritti umani in Myanmar.

Intanto il regime ha anche bloccato alcuni popolari blog di opposizione.
E anche questo è un segnale tutt’altro che incoraggiante.

Luca

Foto Repubblica.it