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Frase del giorno

Francesco Costa, sui limiti del PD e di Bersani e su quelli del M5S.

La verità, probabilmente, è che l’idea di governare l’Italia li esalta e insieme li terrorizza. Queste elezioni doveva vincerle Bersani: il Movimento 5 Stelle doveva prendere il 20 per cento, guadagnarsi attenzione e copertine, rafforzarsi facendo opposizione e intanto imparare e selezionare una specie di “classe dirigente”, per poi puntare al bersaglio grosso tra cinque anni. Anche per loro, e non solo per Bersani, le cose non sono andate come speravano.

Luca

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Frase del giorno

Francesco Costa su Vito Crimi ed il M5S al Senato.

In realtà quella di sabato è stata l’unica decisione presa in due giorni interi, altro che tempi rapidissimi, ed era relativamente facile: un ballottaggio tra due persone, o l’una o l’altra, o Grasso o Schifani. Hanno avuto persino il tempo per indire una riunione e discuterne per due ore. È stata probabilmente una delle decisioni più semplici tra quelle che i senatori del Movimento 5 Stelle dovranno prendere in questa legislatura. Nei prossimi mesi arriveranno cose tipo gli emendamenti alla legge di stabilità. Benvenuti.

Luca

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Al mio via, pronti per l’evacuazione

Luca

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La disoccupazione giovanile, Mc Donald’s, la CGIL

Nei giorni in cui vengono diffusi i dati sulla disoccupazione giovanile, che è salita al 37%, Mc Donald’s lancia una campagna pubblicitaria che promuove il suo brand annunciando il reclutamento di 3000 giovani nei prossimi 3 anni.

La CGIL si è molto sdegnata, accusando Mc Donald’s di mentire, ed evidenziando che quei posti sono soprattutto part time e prevedono il lavoro festivo.
La solita questione se sia meglio avere tutto, avere niente o avere un compromesso tra le due cose.

Francesco Costa, giornalista del Post, in Dicembre aveva pubblicato un reportage sul Sole 24 Ore nel quale raccontava la sua esperienza di 3 giorni di lavoro in un Mc di Milano.
Oltre ai dettagli tecnici, interessantissimi per noi amanti del junk food, ha spiegato come funziona il lavoro nei ristoranti e quali siano le possibilità di carriera.

McDonald’s ha 16mila dipendenti in Italia. Di questi l’81 per cento ha meno di 35 anni e il 79 per cento ha un contratto part-time (si può scegliere anche tra turni orizzontali, spalmati su tutti i giorni della settimana, o turni verticali, soltanto nel weekend). I crew hanno in media 28 anni, i manager 31, i direttori di ristorante 35. Un direttore di ristorante gestisce negozi delle dimensioni di una media impresa italiana: 35 dipendenti, almeno due milioni di euro di fatturato. In McDonald’s si entra con un contratto di apprendistato da 36 mesi – niente contratti a progetto – e tutti mi dicono che salvo disastri nel 90 per cento dei casi il contratto si trasforma a tempo indeterminato.

Insomma, certo che fare il lavoro dei propri sogni, pagato bene e a tempo indeterminato è probabilmente meglio che non lavorare in un ristorante di Mc Donald’s.
Ma nel 2012, quando più di un terzo dei giovani è disoccupato, sapere che una grande azienda ha la possibilità di assumerne alcune migliaia, a me pare una buona notizia.

Pure il tanto vituperato lavoro festivo è in realtà un’ottima possibilità per studenti universitari.
Quello che poi vorrebbe la CGIL, come spiegato meglio nel comunicato fatto oggi, che sarebbe il lavoro stabile e duraturo per tutti, è un mantra ed un totem allo stesso tempo.
E sulle cose sacre non si può discutere.
E quindi non discutiamone.

Ma, intanto che la CGIL ci fa una riflessione, se vi interessa, trovate qui le posizioni aperte e il modulo per inviare il curriculum.

Perché il Mc Donald’s è il vero ristorante proletario.
Fidatevi.

Luca

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Francesco Costa analizza il voto

Il mio commentatore politico preferito, Francesco Costa, ha fatto l’analisi del voto di ieri che preferisco.

Il risultato del Movimento 5 Stelle a queste amministrative cade nello stesso filone dei successi dell’Italia dei Valori alle europee del 2009 o dei Radicali alle europee del 1999: risultati ottenuti da un partito che correva nelle migliori condizioni politiche possibili. Situazioni irripetibili
(…)
Il Movimento 5 Stelle probabilmente non avrà più l’occasione di concorrere alle elezioni in condizioni così favorevoli. Per questo penso che il risultato di queste amministrative ci abbia dato la misura della sua massima potenzialità espansiva: luna di miele a parte, chi non ha votato M5S questa volta probabilmente non lo voterà mai. Quando un partito di dimensioni intorno all’1-2 per cento giocò con condizioni così favorevoli – i Radicali nel 1999 – prese l’8,4 per cento. L’Italia dei Valori raddoppiò le dimensioni del suo consenso in un anno, in condizioni così favorevoli: prese il 4,3 per cento alle politiche del 2008 e l’8 per cento alle europee del 2009 (oggi i sondaggi danno l’IdV tra il 5 e il 6 per cento). Certo, il Movimento 5 Stelle si è preso uno spazio. Nelle città del centronord – e solo lì – può galleggiare stabilmente intorno al 5-6 per cento, che non è poco, può ottenere risultati straordinari in circostanze straordinarie e provocare cambiamenti anche negli altri partiti.
(…)
Resta la questione del voto in uscita dal centrodestra e di chi lo intercetterà. Una possibilità è che non lo intercetti nessuno di forte e strutturato, almeno per un periodo: un pezzo nell’astensione, un pezzo a Grillo, un pezzo alla Lega ricostruita. Un’altra possibilità è che succeda un altro cataclisma simile all’arrivo di Berlusconi nel 1994, capace di rimescolare tutto, ma non vedo chi possa avere questa forza dirompente (Montezemolo e i suoi potrebbero provarci). Il Terzo Polo non mi sembra in grado di coltivare simili ambizioni, nemmeno in una sua versione rinnovata. E quindi non resta che il PD, unico partito rimasto in piedi. Può vincere le elezioni alla Hollande, diciamo, restando l’ultimo in piedi: andare sul sicuro, ma rischiare di fare la fine dei Progressisti del 1994. Oppure può cercare di intercettare un pezzetto dei consensi in uscita dal centrodestra, mettersi al centro del campo politico, fare da polo attrattivo verso gli elettori prima che verso i partiti, anche i potenziali alleati, su cui esercitare egemonia e influenza senza subalternità. Un tempo l’avremmo chiamata vocazione maggioritaria.

Game, Set, Match.

Luca