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politica

Quanto è difficile capire i diversi da noi

Possiamo fare mille ragionamenti diversi per spiegarci come sia possibile che Giorgia Meloni guidi il primo partito italiano.
Vedrete che usciranno saggi, studi, ricerche che chiariranno come fosse scontato che i risultati delle elezioni non potessero essere diversi da questi.

Ce lo hanno spiegato per anni, quando Berlusconi trionfava, quando Trump diventava presidente degli Stati Uniti, quando il referendum per la Brexit decretava la vittoria del Leave.
E’ sempre tutto molto chiaro. Dopo.

Il problema è che tutta questa chiarezza, spesso porta tutti noi a non farci le domande giuste ed a giungere subito alle conclusioni.

La prima risposta che ci diamo è: la gente è scema, la gente è ignorante, la gente è fascista.
Solo che lo è soltanto quando siamo noi a perdere.
Quando l’Ulivo o il PD di Renzi vincevano, allora la gente non era più scema, ignorante e fascista.
Solo che la gente, o meglio, le persone, sono sempre quelle.

E allora, la vera domanda da farsi è: come mai la gente ci vota o non ci vota?
Perché quelli che ieri l’altro votavano per noi, ieri hanno votato per il M5S ed oggi hanno votato per la Meloni?

Il PD ha giocato tutto sul messaggio: “Votate noi per evitare che vincano i fascisti”.
Il messaggio sottinteso è quindi: “Votate noi perché gli altri sono peggio”
Ma se io, cittadino medio, che forse vorrei votare la Meloni vengo trattato come ignorante, scemo, fascista, perché dovrei votare per te che hai una così scarsa considerazione di me, del mio disagio e dei miei problemi?
La risposta è semplice. Non ti voterò.
Non ti voto oggi come non ti votavo quando mi dicevi che chi aveva votato Berlusconi era un ignorante, lobotomizzato dalle sue televisioni.

Capire i diversi da noi, provare ad includerli nel nostro progetto richiede una grande capacità di riuscire a mettersi nei loro panni e di provare a capire la motivazione delle loro scelte.
Saltare subito alle conclusioni, darsi delle risposte senza farsi delle domande non può che portare all’incapacità di capire e di includere i diversi da noi.

Provare a farsi le domande giuste è di solito la prima risposta giusta.

Luca

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vivere

Saremo noi che abbiamo nella testa un maledetto muro

Questo blog ha già più di quindici anni ed io l’ho quasi abbandonato.
Ho quasi abbandonato anche i social.
Leggo un po’ Twitter, guardo qualcosa su Instagram, una volta ogni 2-3 giorni faccio un giro su Facebook, Tik Tok non l’ho neppure mai installato.
Credo che il numero dei tweet iniziati e poi eliminati sia decisamente superiore a quello dei tweet pubblicati.
I motivi del mio disimpegno sono tanti, ma sono tutti in qualche modo legati alla tossicità delle relazioni umane che ci sono sui social network.

Questa tossicità prende un po’ tutti, buoni e cattivi.
Non è che io mi aspetti che un nazista non usi toni violenti, ma quando quelli che rispondono al nazista usano toni altrettanto violenti, allora mi disoriento.
E’ come se negli ultimi anni qualcuno avesse aperto al massimo la manola del gain sull’amplificatore.
Non si sente più niente, ci sanguinano le orecchie, non si capisce più chi suona bene da chi suona male.
Non si riconoscono più i buoni dai cattivi.

E’ un paradosso, ovviamente, perché un nazista sarà sempre distinguibile da una persona intelligente e sana di mente, ma credo che ci siamo capiti.

Nelle dinamiche tra vaccinisti, no-vax, no-pass e mettetici dentro qualsiasi altra sigla vi venga in mente, questa incapacità di comunicare ha probabilmente raggiunto un punto massimo di non ritorno.
Nessuno riuscirà più a convincere una persona che ha deciso di non vaccinarsi a farlo.
Magari si vaccinerà, perché obbligata, ma lo farà gridando allo scandalo.
Ed è inutile mostrare dei numeri, dei grafici, delle statistiche.
Innanzitutto, perché quei numeri e quei grafici non vengono compresi, e poi, soprattutto, perché quei numeri, per un no vax, sono falsi.
E’ perfino inutile spiegare che un malato in terapia intensiva costa al servizio sanitario nazionale una cifra vicina ai 20.000 euro al giorno e che una buona parte di quella cifra viene girata alle aziende farmaceutiche che producono gli strumenti ed i farmaci per provare a tenere in vita un malato grave di covid, facendo notare che una dose di vaccino costa 18 euro, perché ti verrà detto che non è vero, che i malati in terapia intensiva non ci sono e che il vaccino è solo un grande affare per Big Pharma.
E quindi non c’è niente da discutere.

Una grave, gravissima responsabilità ce l’abbiamo tutti noi, che abbiamo dato fiato ai social, indirizzando inconsapevolmente il dialogo verso la violenza e l’incomunicabilità.
E quando dico social, intendo anche la TV, che di fatto usa ormai dinamiche molto simili.

Non resta che aspettare.
Impareremo a convivere con il Covid, grazie ai vaccini.
La gente morirà sempre meno.
Noi diremo che è merito anche dei vaccini, altri diranno che è la dimostrazione che il Covid era una invenzione.

Fino alla prossima bolla, fino al prossimo motivo per dividerci tra noi.

E non sentiamoci assolti, nessuno di noi.
Perché per ogni no-vax violento, c’è un Roberto Burioni che lo bullizza.
Per ogni idiota con la stella di david incollata al cappello c’è una Selvaggia Lucarelli che va in piazza a fare la splendida.

Il muro che vediamo nella testa delle altre persone è, probabilmente, lo stesso che abbiamo nella nostra.

Luca

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politica

Vincere una battaglia è diverso da vincere una guerra

La risoluzione della crisi del governo Conte con l’incarico dato a Mario Draghi e apparsa a molti commentatori come una netta vittoria di Matteo Renzi.

In un colpo solo ha fatto fuori Conte, rischia di spaccare a metà il Movimento 5 Stelle (con la scissione della fronda governista di Di Maio da quella oltranzista di Di Battista), rischia di spaccare il centro-destra (riportando Forza Italia al governo) e crea casini al PD provando ad attirare una parte dei suoi consensi su Italia Viva.

Insomma, è la costruzione di un ennesimo “grande centro” di cui Matteo Renzi ora è probabilmente convinto di esserne l’artefice, l’ago della bilancia e persino (forse) anche il leader.

La battaglia è vinta e Matteo Renzi ne è il vincitore.

Se Renzi fosse però un po’ meno pieno di sé e più connesso alla realtà, capirebbe forse che questa sua insperata vittoria potrebbe portare a nulla di quello che lui si prefigge.

Perché certi equilibri sono difficili da cambiare e perché la politica, come tutte gli altri ambiti delle vita, è molta influenzata dai rapporti personali.

Ed è indiscutibile che Matteo Renzi sia, in parlamento come nel paese reale, un personaggio totalmente impopolare e privo di qualsiasi credibilità.

Quando torneremo a votare lo capirà, forse, anche lui.

La vittoria nella battaglia di oggi si tramuterà probabilmente nella sconfitta della guerra di domani.
Renzi è stato capace di perdere il referendum costituzionale del 2016 dopo aver vinto le Elezioni Europee con oltre il 40% di preferenze.

E lo perse, in buona parte, perché si rese insopportabile con tutta Italia.
Oggi lo è ancora di più.
Qualche amico dovrebbe provare a farglielo capire.

Luca

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politica

Il ruolo del giornalismo

Tra le tante cose incredibili che sono successe in questi giorni di attesa per il risultato delle elezioni americane, ne è successa una l’altra notte che ci ha fatto forse pensare che, in fondo, il giornalismo ha ancora un ruolo importante, non solo nel raccontare la realtà, ma nel dare alle persone gli strumenti per interpretarla.

Succede che Trump tiene una conferenza stampa, raccontando un sacco di stupidaggini e di falsità, e il giornalista della MSNBC, interrompe il collegamento, dicendo qualcosa del tipo: “Eccoci qui di nuovo nell’insolita posizione di dover, non soltanto interrompere, ma addirittura di dover correggere il Presidente degli Stati Uniti D’America, perché quello che sta dicendo non è vero”.

Credo sia stato un momento importante, nel quale un giornalista si prende da solo la responsabilità di interrompere la trasmissione della conferenza stampa dell’uomo più potente del mondo, per onorare la verità e per tutelare le persone che in quel momento erano davanti alla TV.

Il fatto un po’ ci stupisce, perché siamo abituati in Italia ad avere una sorta di falso rispetto per le opinioni di tutti, anche quando sono opinioni false, pericolose, potenzialmente dannose per chi le ascolta.

Pensate cosa poteva essere il nostro paese se a Berlusconi, Fini, Di Maio, Di Battista, Bossi, Meloni, Salvini od altri politici italiani, all’ennesima falsità detta in diretta televisiva, un giornalista fosse intervenuto per togliergli la parola e dire che, ok, si può dire tutto, ma quello che sta dicendo non è vero.

Lo scempio portato dal grillismo nel nostro paese ha finito per far trionfare i politici mentitori, disarmando i giornalisti; vi ricordate, li chiamavano “giornalai”, come se fosse un’offesa essere giornalai, tra l’altro.

Il risultato è che molti politici nostrani dicono di tutto, mentendo in modo trasparente, semplificando tutte le questioni ed alimentando l’astio delle persone che li seguono in modo acritico sui social o in TV.
E non c’è mai un giornalista che si alzi per dire: “Mi trovo nella insolita posizione di doverle togliere la parola, perché quello che sta dicendo non è vero”.

Servirebbero giornalisti più coraggiosi, persone più attente alle parole che ascoltano, cittadini più consapevoli della realtà che gli viene raccontata e che non condividano qualsiasi fregnaccia che gli passi sotto gli occhi mentre scrollano il loro newsfeed.

Da questo tempo tutto matto ne usciamo se ognuno fa la sua parte a raccontare la verità.

Il giornalista della MSNBC, l’altra notte, la sua parte l’ha fatta.

Luca

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diritti umani

Show me his pulse!

Nell’atroce video del New York Times in cui viene ricostruito l’omicidio di George Floyd c’è un fotogramma che mi ha colpito ed è quello che vedete qui sopra.

Si vede una donna protestare con uno dei poliziotti che sta proteggendo quelli che nel frattempo stanno causando la morte dell’uomo fermato e gli chiede: “Show me his pulse!” che sarebbe come dire “Fammi vedere se gli batte ancora il cuore”.

Credo che in un mondo in cui agli agenti di polizia non viene ancora insegnato come gestire situazioni emotivamente complicate (aldilà di tutte le questioni razziali e di sanità mentale di una parte delle forze dell’ordine), ci vorrebbero donne come quella del video in tutte le strade.

Perché se la polizia ci deve proteggere dai cattivi, sono i cittadini a dover forse vigilare sugli abusi della polizia. Quante volte abbiamo tirato dritto di fronte ad atteggiamenti intimidatori od offensivi di forze dell’ordine?
Mi sono trovato io in Questura a Siena a vedere una agente di polizia trattare in malo modo e senza nessuna reale motivazione gli immigrati in fila per i documenti e trattare in modo molto più gentile i cittadini italiani. Avrei dovuto dirle qualcosa? Sicuramente si.
Sarebbe servito a qualcosa? Forse.

Di sicuro se quella ragazza e gli altri che hanno girato i video non si fossero fermati oggi quello di George Floyd non sarebbe un omicidio, ma sarebbe l’ennesimo arrestato morto per arresto cardiaco, overdose, autolesionismo, caduta dalle scale, o aggiungete voi una voce a piacere.

“Anche se avete chiuso
Le vostre porte sul nostro muso
La notte che le pantere
Ci mordevano il sedere
Lasciandoci in buonafede
Massacrare sui marciapiede
Anche se ora ve ne fregate
Voi quella notte, voi c’eravate”

Siamo tutti, in piccola parte, responsabili di quello che succede.

Luca

Qui sotto, se volete, il video del NYT.