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Il vero rischio per il sindacato è il governo Renzi?

Non so cosa dirà oggi Landini al congresso della CGIL.
Mi aspetto un giudizio meno critico sul governo Renzi rispetto a quello pronunciato ieri dalla Camusso.
Dentro la CGIL si sta svolgendo una battaglia che potrebbe essere epocale per il più grosso sindacato italiano che è sempre più avulso dal paese reale.
La richiesta fatta ieri al governo di rilanciare l’azione sul lavoro ripartendo anche dalle pensioni pare una battuta di cattivo gusto fatta in un paese nel quale il 42% dei giovani non è occupato.

Stefano Menichini oggi si chiede giustamente se la Camusso non abbia sbagliato il bersaglio delle sue invettive. Perché il rischio democratico in Italia, ammesso che ci sia, non è quello rappresentato da Renzi e dal suo governo. E chi si propone di abolire il sindacato non è Renzi.

Nell’Italia vera, quella rimasta fuori dalla sala del congresso della Cgil, la scelta di oggi è tra il progetto autoritario esplicito di Beppe Grillo, che i corpi intermedi vuole semplicemente scioglierli, e il Pd di Renzi, che bruscamente cerca di scuoterli, di provocarli ad accettare una sfida a chi ha le proposte migliori e più convincenti agli occhi di lavoratori e non lavoratori.
Camusso che dà voti di democrazia sappia che altro oggi non c’è. Che questa è la scelta che, nel rispetto dell’autonomia, spetta anche a lei. A lei che non è una passante nella democrazia italiana bensì una piena corresponsabile della sua crisi e della sua possibilità di salvarsi.

Luca

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Amnistia, indulto e la santa alleanza tra leghisti e grillini

La strumentale e vergognosa campagna che Beppe Grillo fece contro l’indulto del 2006 interruppe la mia simpatia verso le istanze del comico genovese.

Oggi, a 7 anni di distanza, Napolitano ha scritto un messaggio alle camere nel quale chiede ai parlamentari di affrontare il problema del sovraffollamento carcerario che è una vera vergogna per il nostro paese.

Il Presidente della Repubblica chiede di introdurre pene alternative al carcere, di ridurre l’utilizzo della carcerazione preventiva e di agire sull’edilizia carceraria.
Napolitano suggerisce poi la possibilità di promulgare un indulto e un’amnistia.
Non vi darò spiegazioni tecniche, non ne sono in grado (comunque, no, non rimetteranno in giro stupratori e assassini; quelli, per la maggior parte, già vivono in casa con voi).

Vorrei soltanto fare una riflessione politica, che è questa.
Lo stato delle carceri è da sempre un indicatore del grado di civiltà di una nazione.
Ci sono tantissimi carcerati che potrebbero tranquillamente evitare il carcere e scontare la loro pena in modo alternativo.
Per farlo è necessario che lo Stato se ne faccia carico, che accompagni con atti amministrativi il recupero sociale di queste persone.
Nascondere la testa sotto la sabbia e non far niente per paura di commettere atti impopolari è degno di una classe politica pavida come la nostra, incapace di riformare alcunché.

Un’ultima cosa.
No, Berlusconi non c’entra niente.
Il Movimento 5 Stelle ha sparato l’ennesima cretinata.
Racconta oggi Stefano Menichini:

Ricordo Giorgio Napolitano davanti a Regina Coeli accanto a Marco Pannella, sotto la pioggia di una marcia di Natale per l’amnistia e l’indulto.
Era il 25 dicembre 2005. Napolitano non era presidente della repubblica, Berlusconi non aveva subìto alcuna condanna, le carceri scoppiavano come sempre, i radicali si battevano come sempre e di lì a pochi mesi un indulto ci sarebbe anche stato: votato da tutti, rinnegato dal centrodestra per motivi di propaganda, appiccicato al centrosinistra come un marchio d’infamia, alla lunga una delle ragioni della fine del governo Prodi.
Una storia di otto anni fa. E allora che cosa c’entra la sentenza Mediaset? E che cosa c’entra la salvezza di Berlusconi, uno che oltre tutto in carcere non metterà mai piede, se come è evidente e come detta la legge il parlamento avrà ogni possibilità di escludere reati come il suo – e altri più gravi – da qualsiasi atto di clemenza?

Per finire una nota.
Sulla questione delle carceri, vedrete nascere una nuova santa alleanza, fatta da Lega Nord e M5S.
Così come sull’immigrazione, sullo Ius Soli, sui diritti civili e su tutti quegli argomenti che i movimenti populisti possono soltanto cavalcare spinti dal ruggito degli istinti più biechi che strisciano nel nostro paese.

La sinistra, del messaggio di Napolitano dovrebbe farne un vessillo da mostrare fieramente e da utilizzare anche nella prossima campagna elettorale. E non dovrebbe commettere l’errore di accontentare il centro-destra, come fece nel 2006, quando accettò il ricatto di introdurre i reati finanziari tra quelli contemplati dall’indulto, per fare gli interessi, indovinate di chi?

Sulla opportunità di predisporre un indulto ed un’amnistia, vi consiglio le FAQ scritte da Francesco Costa.

Luca

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politica

La nascita della destra italiana che non c’è

Ciò che è successo ieri a Bruxelles ha del paradossale e del profetico al tempo stesso.
I grandi leader europei suggeriscono a Monti di candidarsi alle elezioni e di creare evidentemente un nuovo partito e chiedono agli italiani di votarlo, questo partito che non c’è ancora.
Lo stesso Berlusconi, che ha fatto cadere il governo Monti, chiede a Monti di candidarsi e di costruire insieme a lui una nuova coalizione che posso governare l’Italia.

Questo è il lato paradossale. Leader di altri paesi che dicono ai cittadini di un altro paese chi dovrebbero votare e ex-leader italiani che ritrovano in quello che fino ad ieri era diventato il loro peggior nemico un’ancora di salvezza.

C’è anche una parte profetica, dicevo, ed è quella che vede di fatto nascere il primo abbozzo di una destra italiana europea, non populista e non xenofoba. Una destra che in Italia non c’è mai stata. E questa destra potrebbe essere sicuramente rappresentata da Mario Monti.

Parlo di profezia perché questa destra esiste per ora soltanto nella mente della Merkel.
Ce lo vedete Mario Monti alla guida di un partito fatto di Gasparri, Berlusconi, Montezemolo, Santanché, Fini e Casini?
Non è ovviamente proponibile.
Superato il berlusconismo (si, prima o poi lo supereremo), allora questa destra potrà nascere e Mario Monti ne potrebbe essere uno dei padri fondatori.

Da questo disegno resterebbe fuori la Lega che, in un paese finalmente bipolare, tornerebbe ad avere il ruolo che le compete, quello di opposizione.

E a sinistra?
A sinistra il partito già c’è, con dei punti da definire, con un elettorato ancora da consolidare, ma gia c’è.
Avere di fronte non un manipolo di squinternati, come ha avuto negli ultimi 20 anni, ma un partito di destra vero, non potrà che fargli bene.

Detto questo, pensare che tutto il cambiamento possa avvenire da qui a due mesi, pare un po’ utopostico, come scrive giustamente Stefano Menichini:

[…] occorre riconoscere che ieri l’Italia si è trovata catapultata in una dimensione politica che, sparito Berlusconi dalla scena, è assai desiderabile. E alla quale il sistema deve tendere: due coalizioni riformiste ed europeiste, leader non estremisti, soluzioni politiche e di governo alternative ma non visioni del mondo inconciliabili. Queste sono le dinamiche politiche, anche accese, in tutti i paesi occidentali.

Il Pd è pronto per un assetto del genere. Anche adesso. Perché è nato per questo, in una dimensione europea che il centrodestra fin qui non ha mai avuto. Prima l’Italia ci arriva, meglio è. Che accada nei prossimi quarantacinque giorni, ammetterete, è un po’ improbabile.

Luca

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Fini, Casini e la paura di morire

fini_casini

Sul montismo di Fini e Casini, due povere verginelle che si sono accorte tardi di aver accompagnato per mano il peggior presidente del consiglio della nostra giovane repubblica, dice benissimo Stefano Menichini:

Monti” più che una persona, un leader o un’agenda politica è la parola magica per traghettare se stessi e le proprie ambizioni, personali o di gruppo, dentro la prossima legislatura.
Pare ovvio che il presidente del consiglio non gradisca di farsi trattare così. E ieri non ha ritirato la propria disponibilità a rendersi utile al paese: semplicemente, si è dimesso anticipatamente dall’indesiderato incarico di passepartout.

Il risultato sarà, come nota Claudio Cerasa, il disgregarsi della coalizione che ha sostenuto Monti.

…in un solo giorno sono riusciti a trasformare Mario Monti, cioè il premier appoggiato dalla più ampia maggioranza mai vista nella storia della nostra Repubblica, in un candidato di una piccola minoranza

Fini e Casini, dopo essere saltati sul cavallo vincente che li ha portati dove sono oggi, non ne hanno più azzeccata una.
Bisognerebbe che ne prendessero atto.

Luca

Foto | Corriere.it

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La differenza tra far politica e far casino


A manovra presentata, ormai si sta delineando piuttosto chiaramente quello che sarà il quadro politico in parlamento.
PD, PDL e terzo polo a sostegno del governo Monti, Lega ed IDV all’opposizione.
Di Pietro, a due settimane dalla fiducia, ha già cambiato idea e si è tirato fuori (a proposito di scegliersi alleati affidabili, ma non è di questo che volevo parlare).

A questo punto chi sostiene il governo può scegliere se continuare a recitare la parte del malato costretto ad ingoiare lo sciroppo amaro, come stanno facendo PD e PDL, oppure se provare a dare un effettivo contributo politico alle decisioni dell’esecutivo.

Il PD si adoperi perché il governo alzi il limite delle pensioni che non verranno rivalutate secondo l’inflazione, tirando dentro tutti quei pensionati con pensioni sotto i 1.500 € (dico una cifrà così), però la smetta con il piagnisteo e con le facce contrite di chi vuol far vedere che non aveva alternative ad ingoiare l’amara medicina.

Perché nella gara delle lamentazioni, dell’indignazione e del chi fa più casino sarà impossibile battere la Lega e Di Pietro.
Loro sono professionisti, fanno quello di mestiere.
Il PD sostenendo Monti può recitare la parte di chi è stato costretto a questa scelta oppure può diventare parte attiva nel realizzare il risanamento e nel controllarne la sua equità.
I voti degli indignati li avrà persi comunque.
Potrebbe guadagnare quelli degli italiani che sapranno riconoscere se i sacrifici fatti avranno avuto un senso.

Come scrive Stefano Menichini, di smemorati a gettone, che fingono di scoprire oggi che la manovra sarebbe stata una batosta, ce ne sono già fin troppi e non è tra loro che deve stare il PD.

Lo scambio proposto da Monti – serietà e salvezza dell’Italia contro sacrifici – può funzionare, nonostante tutte le lacrime che scopriamo un po’ ipocritamente di dover versare, e nonostante le imperfezioni inevitabili quando si lavora fra due schieramenti politici avversi fino a ieri e nel prossimo futuro. Il pericolo per il paese, in questo momento, non è certo nelle stanze dei tecnici del governo, ma nelle stanze ancor meglio riscaldate degli smemorati a gettone che cinicamente giocano sulla sofferenza e incitano alla rivolta.

Luca