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La nostra privacy vale un nuovo 11 settembre?

La sentenza che ieri ha definito legittimo lo spionaggio messo in atto dalla NSA sulle telefonate dei cittadini americani non è sconvolgente; viviamo tempi difficili, gli USA non hanno ancora superato lo shock degli attacchi dell’11 settembre e già il Patrioct Act aveva ristretto le libertà personali in nome della sicurezza.

Quello che Snowden ha messo in luce è però qualcosa di diverso e di più importante dell’ambito su cui si espresso ieri il giudice federale americano. Grazie alle rivelazioni di Snowden oggi infatti sappiamo che un’agenzia di spionaggio americana aveva messo sotto controllo le comunicazioni di tutti i cittadini del mondo, per di più con la collaborazione delle maggiori Internet company come Google, Apple e Microsoft.
Queste operazioni erano portate avanti all’insaputa dei paesi amici degli USA.

Non sono tra quelli che vedono del marcio in qualsiasi operazione di intelligence messa in atto dai governi e sono disposto a credere che tutta l’attività della NSA sia stata rivolta a garantire la sicurezza dei cittadini per prevenire possibili attacchi terroristici.
Però per me è mancato qualcosa.
È mancato un accordo tra gli USA e gli altri paesi, ed è mancato sopratutto un patto tra i governi e i loro cittadini.

Sono dispostissimo a rinunciare ad una parte dei miei diritti e ad una fetta della mia privacy se questo può aiutarci ad evitare nuovi lutti e nuove stragi.
Ma avrei preferito che qualcuno me lo chiedesse.

Siamo tutti abbastanza scafati per sapere che anche le faccine che inseriamo nelle nostre chat su WhatsApp possono finire nei log di qualche agenzia di spionaggio americana, ma saremmo molto più felici se sapessimo che quegli archivi servono ad evitare nuovi 11 Settembre.
Se il fine è questo, siamo perfino grati che Google e gli altri abbiano passato i nostri dati all’NSA.

Ma se tutto questo avviene di nascosto, prendendo accordi sottobanco con le internet company, spiando anche i capi di stato di paesi amici, allora mi viene da pensar male.
E io non vorrei pensar male.
Quindi facciamo questo patto.
Io, stato, chiedo a te, cittadino, di darmi accesso alle tue conversazioni private in cambio di più sicurezza.
Io internet company, collaboro con lo stato per fornire accesso ai dati dei miei utenti che sono informati di questo.
Io, cittadino, cedo una parte della mia vita privata a patto che le informazioni non vengano mai usate per altri scopi che non siano quelli della lotta al terrorismo.

E’ una questione di principio, ed è importante.
Perché i nostri dati, i nostri gusti, le nostre scelte di ogni giorno sono una straordinaria fonte di ricchezza per tanta gente che potrebbe avere a cuore tutto tranne che la sicurezza dei cittadini.
E va bene rinunciare alla privacy, ma che almeno questo serva per evitare danni peggiori.

Luca

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Il New Yorker e PRISM

new yorker -prism

Mentre Snowden pare si stia dirigendo verso l’Ecuador, la settimana scorsa il New Yorker era uscito con questa copertina.

Definire il confine tra diritto alla privacy e diritto alla sicurezza è un’operazione molto difficile e delicata e la strada che decideremo di perseguire influirà probabilmente la vita nostra e dei nostri figli.
Non è semplicemente una storia di spionaggio, è qualcosa di molto più grande che dovremo sforzarci di capire.

Luca

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Il watergate di Obama. La fine dell’innocenza di internet

Il Washington Post ha pubblicato poche ore fa quello che potrebbe essere uno dei più grossi scoop degli ultimi anni.

La questione è piuttosto semplice ed è anche perfino poco sorprendente, ma tra l’ipotizzare un fatto e vederne la dimostrazione nero su bianco, c’è tutta la differenza del mondo.

Insomma, c’è un programma dei servizi segreti americani, denominato PRISM, il cui scopo è quello di collezionare i dati provenienti dai server di nove grandi internet companies.
La cosa soprendente sta tutta qui.
Microsoft, Yahoo, Google, Facebook, PalTalk, AOL, Skype, YouTube e Apple hanno concesso l’accesso ai dati degli utenti presenti nei loro server.
Il brief che ogni mattina la CIA consegna al Presidente, pare sia redatto in gran parte con i dati di PRISM.

Lo scopo è la sicurezza nazionale.
Non so nemmeno dire se sia giusto o sbagliato.

Ma è una notizia clamorosa.
Di quelle che possono mettere in seria crisi una presidenza americana.

E possono far riflettere su come mai, tutta questa meraviglia di internet sia quasi totalmente gratuita per tutti.
I dati, sono una nuova incredibile fonte di ricchezza.
Inutile girarci intorno.

Il dibattito sull’etica delle grandi internet companies si farà sempre più interessante e deciderà probabilmente lo sviluppo della rete nel medio termine.

Dovremo ragionarci senza isterismi e considerando che tra riuscire ad evitare o meno un attacco come quello dell’11 Settembre c’è tutta la differenza del mondo.

Luca

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Non permetteremo alla paura di piegarci

norvegia rose
(Fabrizio Bensch/Reuters)

Il Primo Ministro della Norvegia, Jens Stoltenberg, ha tenuto un discorso molto bello durante la manifestazione in ricordo delle vittime del 22 Luglio.

Miei cari,
che spettacolo!
Mi trovo faccia a faccia con la volontà del popolo.
Voi siete la volontà del popolo.
Migliaia e migliaia di norvegesi – a Oslo e in tutto il paese – fanno la stessa cosa stasera.
Occupano le strade, le piazze, gli spazio pubblici con lo stesso messaggio di sfida: abbiamo il cuore a pezzi, ma non ci arrendiamo.
Con queste fiaccole e queste rose mandiamo al mondo un messaggio: non permetteremo alla paura di piegarci, e non permetteremo alla paura della paura di farci tacere.

Il mare di gente che vedo oggi davanti a me e il calore che sento da tutto il paese mi convince che ho ragione.
La Norvegia ce la farà.
Il male può uccidere gli individui, ma non potrà mai sconfiggere un popolo intero.
Questa sera il popolo norvegese sta scrivendo la storia.
Con le armi più potenti del mondo – la libertà di parola e la democrazia – stiamo disegnando la Norvegia per il dopo 22 luglio 2011.

Ci saranno una Norvegia prima e una Norvegia dopo il 22 luglio.
Ma sta a noi decidere come sarà la Norvegia.
La Norvegia sarà riconoscibile.
La nostra risposta ha preso forza durante le ore, i giorni e le notti difficili che abbiamo dovuto affrontare, ed è ancora più forte questa sera: più apertura, più democrazia. Determinazione e forza.
Noi siamo questo. Questa è la Norvegia.
Ci riprenderemo la nostra sicurezza!

Dopo gli attacchi di Oslo e Utøya, abbiamo affrontato uniti lo shock, la disperazione e il lutto.
Continueremo a esserlo, ma non sarà sempre come è adesso.
Lentamente, qualcuno inizierà per primo a essere in grado di riaffrontare la vita di tutti i giorni. Per altri ci vorrà più tempo.
È importante che siano rispettate queste differenze. Tutte le forme di lutto sono ugualmente normali.

Dovremo comunque prenderci cura l’uno dell’altro.
Dimostrare che è qualcosa cui teniamo.
Dobbiamo parlare con quelli per cui è stata più dura.
Dobbiamo essere umani e fraterni.
Noi riuniti qui questa sera abbiamo un messaggio per tutti quelli che hanno perso qualcuno cui volevano bene: siamo qui per voi.

Guarderemo anche in avanti per la Norvegia dopo il 22 luglio 2011.
Dobbiamo fare attenzione a non arrivare a conclusioni affrettate mentre siamo un paese in lutto, ma ci sono alcune cose che ci possiamo promettere questa sera.

Prima di tutto, oltre tutto questo dolore, possiamo intravedere qualcosa di importante che ha messo le sue radici.
Ciò che vediamo questa sera potrebbe essere la più grande e la più importante marcia che il popolo norvegese abbia mai condotto insieme dalla Seconda guerra mondiale.
Una marcia per la democrazia, per la solidarietà e per la tolleranza.

Le persone in tutto il paese sono fianco a fianco in questo momento.
Possiamo imparare da questo. Possiamo fare più cose come questa.
Ognuno di noi puoi contribuire a costruire una democrazia un po’ più forte. Questo è ciò che vediamo ora qui.

In secondo luogo,
voglio dire questo a tutti i giovani raccolti qui.
Il massacro di Utøya è stato un attacco contro il sogno dei giovani di rendere il mondo un posto migliore.
I vostri sogni sono stati interrotti bruscamente.
Ma i vostri sogni possono essere esauditi.
Potete tenere vivo lo spirito di questa sera. Voi potete fare la differenza.
Fatelo!
Ho una semplice richiesta per voi.
Cercate di essere coinvolti. Di interessarvi.
Unitevi a una associazione. Partecipate ai dibattiti.
Andate a votare.
Le elezioni libere sono il gioiello di quella corona che è la democrazia.
Partecipando, voi state pronunciando un sì pieno alla democrazia.

Infine,
sono infinitamente grato di vivere in un paese dove, in un momento così critico, il popolo scende nelle strade con fiori e candele per proteggere la democrazia.
Per commemorare e onorare le persone che abbiamo perso.
Questo dimostra che Nordahl Grieg aveva ragione: «Siamo così pochi in questo paese, che ogni caduto è un fratello e un amico».

Ci porteremo tutto questo con noi mentre iniziamo a mettere insieme la Norvegia del dopo 22 luglio 2011.
I nostri padri e le nostre madri ci avevano promesso: «Non ci sarà mai più un 9 aprile».
Oggi diciamo: «Non ci sarà mai più un altro 22 luglio».

Luca

Via | Il Post – Foto | The Big Picture

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diritti umani

Il rapporto Amnesty 2011

Amnesty International ha pubblicato il suo rapporto 2011.
Val sempre la pena dargli un occhio.

Soprattutto alla sezione riguardante il nostro paese (qui il PDF).
Questo l’abstract:

I diritti dei rom hanno continuato a essere violati e gli sgomberi forzati hanno contribuito a spingere sempre più nella povertà e nell’emarginazione le persone colpite. Commenti dispregiativi e discriminatori formulati da politici nei confronti di rom, migranti e persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender hanno alimentato un clima di crescente intolleranza. Ci sono state nuove violente aggressioni omofobe. I richiedenti asilo non hanno potuto accedere a procedure efficaci per ottenere protezione internazionale. Sono continuate le segnalazioni di maltrattamenti a opera di agenti delle forze di polizia o di sicurezza. Non sono cessate le preoccupazioni circa l’accuratezza delle indagini sui decessi in carcere e su presunti maltrattamenti. L’Italia ha rifiutato di introdurre il reato di tortura nella legislazione nazionale.

Luca