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I parrucconi che lo sciopero generale è bello

Fortuna che vado a letto tardi e che avevo la TV accesa, perché capita che ieri sera verso mezzanotte apprendo che lo sciopero dei trasporti che prima ci doveva essere e che poi non ci sarebbe stato, invece ci sarà.
Lasciamo perdere i tecnicismi e la figuretta fatta dal governo; se ci metti Lupi, al governo, non è che tu ti possa aspettare molto di meglio.
Mi interessa di più far notare un fatto, ed è questo.
Negli ultimi 3 mesi ci sono stati 3 scioperi generali dei trasporti: uno ad ottobre, uno a novembre ed uno oggi.
Sempre di venerdì, certo.
Tutti per protestare contro la riforma del lavoro del governo Renzi e contro la legge di stabilità.
Nemmeno per protestare, che ne so, per il rinnovo del contratto o cose di questo tipo.
Sono quindi scioperi politici.
I sindacati pretendono di dettare, non solo le regole del lavoro (che sarebbe solo in parte il loro mestiere), ma vorrebbero anche suggerire al governo come utilizzare le finanze pubbliche.
Sono 6 anni che il mondo non riesce ad uscire dalla crisi più grossa del dopo guerra e la Camusso vorrebbe dirci come si fa.
E questa è una cosa che io faccio molto fatica ad accettare.

Buono sciopero a tutte e tutti, quindi.

Vi lascio con un commento di Gad Lerner.
Se, dopo averlo letto, non vi pruderanno le mani, allora va bene così.

Sarà importante verificare oggi se lo sciopero generale di otto ore indetto da Cgil e Uil (più Ugl) raccoglierà un’adesione di massa, o resterà iniziativa minoritaria. Io vado al corteo di Milano, con un’adesione sincera, perchè mi auguro che la rabbia serpeggiante nel paese possa ancora incanalarsi dentro a grandi organizzazioni comunitarie quali sono i sindacati confederali. Il governo che ha mancato loro di rispetto, convocandole un’oretta a Palazzo Chigi solo dopo che aveva già varato per decreto i provvedimenti sul mercato del lavoro che doveva discutere con loro, a mio parere ha proprio bisogno di una strigliata, di un bagno di realtà.

Gad Lerner auspica che altri facciano un bagno di realtà.
È interessante.

Non dico altro.
Non vi capisco, quello è sicuro.

Luca

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Il resto è solo vento per le bandiere

Dario Di Vico sul Corriere di oggi mi sembra faccia una riflessione perfetta su ciò che è successo ieri a Roma.
E dice come lo scontro tra CGIL e Renzi rischi di farci perdere di vista l’obiettivo vero.
Che è quello di salvare posti di lavoro, quando è possibile, e di farci uscire dalla crisi senza andare a colpire nuovamente la classe media, che siamo noi.

Dell’uso dei manganelli d’un tempo avremmo fatto volentieri a meno. La vertenza degli operai dell’Ast per evitare il drastico ridimensionamento dello stabilimento di Terni si presenta ancor più complessa di altre perché oltre agli orientamenti liquidatori dei proprietari tedeschi – nei confronti di un impianto considerato eccellente per gli standard del settore – si paga il prezzo di regole europee non più al passo con i tempi. In uno scenario di business ormai contrassegnato dall’ascesa delle potenze siderurgiche asiatiche, l’Antitrust di Bruxelles ha impedito la vendita dello stabilimento ai finlandesi dell’Outokumpu per evitare che assumessero una posizione dominante e così la fabbrica umbra è tornata a far parte del gruppo Thyssen che la considera residuale.

Mentre dunque c’è da affrontare questa crisi, e forse da aprire una contestazione con la Commissione Ue appena insediatasi, ieri la tensione tra manifestanti e forze dell’ordine ha occupato quasi totalmente la scena e abbiamo passato la giornata non più a discutere di politica industriale bensì di attribuzione di colpe al ministro competente, al questore o al singolo poliziotto. I metalmeccanici di Genova, appena informati dell’accaduto, hanno addirittura indetto uno sciopero per domani. H a senso tutto ciò o forse è necessario un bagno di realtà? È utile infilare la vertenza Ast nel tritacarne delle polemiche tra Palazzo Chigi e i sindacati? In un caso altrettanto spinoso, come quello della svedese Electrolux che inizialmente voleva lasciare l’Italia, governo e organizzazioni sindacali di categoria hanno lavorato nella stessa direzione e un risultato comunque lo si è ottenuto.

È chiaro che, pur evitando di confondere ordine pubblico e politica industriale, non si può dimenticare come l’iniziativa del premier Matteo Renzi stia scardinando vecchi equilibri e che questa pressione stia generando una contrapposizione ruvida. Al punto che sono stati evocati come suoi mandanti morali e materiali, in successione, Margaret Thatcher e Sergio Marchionne. In omaggio al principio à la guerre comme à la guerre nella battaglia mediatica non si va tanto per il sottile ma è lecito chiedersi a cosa serva tutto ciò e quale sia il legame tra comunicazione e soluzione dei problemi reali. Prendiamo lo sciopero generale che verrà indetto tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre e che, forse, solo un’incauta anticipazione di Nichi Vendola ha contribuito a ritardare.

La parola d’ordine su cui la Cgil punterà tutte le sue carte per far riuscire l’astensione dal lavoro è la richiesta dell’adozione di una tassa patrimoniale. Non è certo la prima volta che se ne parla negli ultimi anni e non è un caso che alla fine non sia stata mai adottata. Il motivo è semplice: con altissima probabilità la nuova imposta non finirebbe per colpire le grandi ricchezze bensì una parte consistente del ceto medio, già ampiamente tosato dalle imposizioni sulla forma di patrimonio più diffusa (la proprietà della casa). E allora ha senso proporre uno sciopero generale, per di più della sola Cgil, con l’obiettivo di far salire ancora la pressione fiscale? Si pensa davvero che si possa uscire dall’impasse riproponendo la vecchia e fallimentare ricetta del «tassa e spendi»? È questa la vera discussione da fare, il resto è solo vento per le bandiere.

Luca

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vivere

Con tutto l’amore che ho per l’ATAF

Sono un pendolare ed ho imparato ad amare ed odiare i lavoratori del trasporto pubblico.
Molti sono bravi, cortesi, guidano bene e li apprezzo, soprattutto perché fanno un lavoro faticoso, carico di responsabilità e mal pagato.

Oggi i lavoratori dell’ATAF hanno scioperato tutto il giorno, contro la privatizzazione voluta da Renzi e soprattutto contro lo spacchettamento dell’azienda in tre tronconi e l’aumento dell’orario di lavoro, nonostante la promessa (attuale, in futuro chissà) di non licenziare nessuno.

Quindi oggi, alle fermate erano affissi cartelli che avvisavano dello sciopero, comunicando le fasce di garanzia che sarebbero state rispettate per permettere comunque alle persone di poter andare a lavoro e ai ragazzi a scuola.

In realtà, stanotte in assemblea, è stato deciso di attuare una forma di sciopero selvaggio, senza il rispetto delle fasce di garanzia.
Ora, cari amici dell’ATAF, io vi voglio bene e 35 minuti di camminata li faccio anche volentieri, ma scioperare con queste modalità, finisce soltanto per esacerbare gli animi e per svilire la vostra protesta.

Poi fate come volete, ma così vi mettete contro anche i vostri amici pendolari.
Perché, alla fine, siamo tutti nella stessa barca e se siamo sereni noi, voi lavorate meglio.

Luca

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informazione lavoro

L’autolesionismo dei sindacati

L’editoria è in crisi, la gente non compra più i giornali, le edicole se la passano male.
Mancano proposte certe del governo sulla regolamentazione del settore.
E quindi, che si fa?

Si proclama un bello sciopero il 24, 25 e 26 Febbraio.
Si, proprio in quei giorni lì, nei giorni delle elezioni.

C’è un’unica saggia eccezione, quella della FENAGI (Confesercenti), che non aderirà.

La Fenagi, pur riconoscendo la necessità di una azione di forte visibilità della categoria al fine di far emergere lo stato di crisi del settore, trova sbagliato e controproducente chiamare alla chiusura le edicole proprio nei giorni nel quale si svolgono le elezioni politiche
Nel panorama generale dell’informazione, le rivendite di giornali, data la tutela che la Costituzione attribuisce al prodotto editoriale anche nella fase della vendita, sono sempre state riconosciute come elementi importanti per la garanzia di una diffusione capillare e pluralista del prodotto quotidiano e periodico. Mettere in gioco il profilo di pubblica utilità della rete di vendita, malgrado le conferme avute anche dallo stesso Governo Monti che non ha abrogato le leggi a tutela della stampa, è un grave errore.

Per fortuna che c’è sempre qualche saggia voce fuori dal coro.

Luca

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musica

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Guccini rinvia la presentazione dell’album perché c’è lo sciopero dei giornalisti che, però nel frattempo è stato rinviato.
Il logorio della vita moderna dell’artista alle prese con i capricci dei sindacati.

Luca