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diritti umani

Solidarizzare con tutti, essere dalla parte di nessuno

Oggi Francesco Costa nella sua puntata giornaliera di Morning, riguardo alla guerra tra Israele ed Hamas, invitava a solidarizzare con le vittime israeliane e palestinesi, senza per forza schierarsi con gli uni o con gli altri.

Questa è un po’ la mia posizione da sempre sul conflitto Israele-Palestina.

Perché è evidente a tutti che né il governo israeliano, né Hamas vogliono una soluzione pacifica.
La soluzione dei due stati è ormai una ipotesi infattibile, in un panorama in cui entrambi i contendenti vogliono soltanto la distruzione del nemico.

Di chi sia la colpa, chi abbia iniziato prima, chi abbia più o meno ragione, non conta più nulla.

Possiamo soltanto solidarizzare con i civili israeliani uccisi, con gli israeliani rapiti e che verranno probabilmente giustiziati da Hamas, e con i palestinesi assediati, affamati e bombardati da Israele.

In giorni in cui tutti provano a schierarsi con gli uni o con gli altri, decidendo chi abbia ragione e chi abbia torto, credo che la cosa più utile sia non schierarsi con nessuno dei due e stare soltanto dalla parte delle vittime di entrambi.

Luca

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politica

Molti ricordano ancora il futuro che desiderano e che augurano a Israele e alla Palestina

Oggi Repubblica ha tradotto un intervento di David Grossman pubblicato sul New York Times.

Grossman vede un mutamento nell’opinione pubblica israeliana e palestinese che potrebbe portare, prima o poi, ad un accordo di pace.
Ci auguriamo tutti che possa aver ragione.

LA SITUAZIONE in cui sono intrappolati israeliani e palestinesi assomiglia sempre di più a una bolla ermetica, sigillata. In questa bolla, con gli anni, entrambe le parti hanno messo a punto giustificazioni convincenti e raffinate per qualunque azione da esse intrapresa. Israele può dire, a ragione, che nessun Paese al mondo rimarrebbe immobile di fronte agli incessanti attacchi di Hamas, o alla minaccia dei tunnel sotterranei. E Hamas, dal canto suo, giustifica gli attacchi contro lo Stato ebraico sostenendo che il suo popolo è ancora sotto occupazione e che i cittadini della Striscia di Gaza languono a causa del blocco imposto da Israele.

Continua a leggere sul sito del Partito Democratico.

Luca

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diritti umani

Gaza

Vorrei dire tante cose sul fuoco che ancora una volta divampa in Palestina.
Vedo tante immagini tremende, leggo tanti commenti, ma non vedo nessuna prospettiva nuova, nessuno che riesca ad indicare una via d’uscita.

Certo, il riconoscimento dello Stato di Israele, la restituzione dei territori occupati in Palestina.
Certo, la formuletta la conosciamo.

Credo sostanzialmente che la guerra in Palestina non finirà mai.
Non può finire.
Un intrigo perverso e malvagio che nessuno credo sia in grado di districare.

Una linea continua di morte e di odio a cui noi continueremo ad assistere impotenti.
Che è la cosa che USA ed Europa hanno deciso sostanzialmente di fare.

Lanciate tutti gli appelli al dialogo che volete.
Serviranno a pulirvi le coscienze, non ad altro.

Luca

Nella foto (Reuters/Finbarr O’Reilly) una madre abbraccia la figlia di un anno uccisa da un missile israeliano.

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diritti umani

Israele e Gaza

Sull’ennesimo bagno di sangue a Gaza, nato (non lo dimentichiamo) come reazione al rapimento e all’uccisione di tre ragazzini israeliani, si leggono opinioni delle più disparate, con il consueto schieramento di anime belle a favore dei palestinesi o degli israeliani, ma soprattutto dei palestinesi.

Io non sono mai riuscito a schierarmi da una parte o dall’altra.
Trovo che Israele spesso agisca in modo prepotente e provocatorio nei confronti dei palestinesi, soprattutto se penso alle colonie.
D’altra parte non provo nessuna simpatia per chi governa la Palestina che si disinteressa dei diritti umani delle persone.
Diciamo che se dovessi scegliere, preferirei vivere in un paese governato dagli israeliani piuttosto che da Hamas, ma non è questo che volevo dire.

Stamani, sull’autobus, ho letto una riflessione di Ricccardo Noury, storico attivista di Amensty International, che collabora con il Corriere della Sera, e le sue mi sono sembrate parole molto sagge e del tutto sgombre dai pregiudizi ideologici di quelli che pretendono di interpretare la realtà partendo dall’assunto che ci sia sempre qualcuno tra i contendenti ad avere ragione.

Nessuno che dica “ci siamo sbagliati”: per Hamas tutti gli israeliani sono obiettivi legittimi, mentre per Israele se dei civili palestinesi diventano “danni collaterali” di un attacco contro l’abitazione di un capo di Hamas, la colpa è sua.

Dentro lo schema sono finiti nove palestinesi morti mercoledì notte quando l’aviazione israeliana ha colpito un bar lungo la spiaggia nei pressi di Khan Younis dove decine di persone stavano assistendo alla semifinale dei mondiali di calcio tra Brasile e Germania.

Lo schema prevede, come corollario, la completa mancanza di volontà da parte d’Israele e di Hamas di indagare sulle violazioni del diritto internazionale umanitario: gli attacchi contro obiettivi civili, il danneggiamento o la distruzione di abitazioni private (340 a Gaza), di centri sanitari o infrastrutture, per non parlare di quella che è la violazione permanente che accompagna da anni le popolazioni civili palestinesi e israeliane: la paura.

Mentre Israele minaccia una massiccia invasione da terra e Hamas di tirare fuori dai suoi sotterranei missili ad ancora più alta gittata, Amnesty International ha chiesto alle Nazioni Unite di disporre un’indagine internazionale sui crimini commessi dall’avvio dell’operazione “Confine protetto”.

Le potenze del mondo non possono più stare a guardare, limitandosi ad appelli alla “moderazione”, mentre giorno dopo giorno si susseguono crimini di guerra. Qualsiasi richiesta di cessate il fuoco rischierà di essere inutile se, anche questa volta, non si perseguiranno gli autori di questi crimini.

Credo anch’io che l’unica strada sia quella di individuare le responsabilità personali di chi commette crimini contro i civili.
Partiamo da lì.
Pensare di risolvere il conflitto tra israeliani e palestinesi è purtroppo un obiettivo troppo ambizioso per chiunque e non possiamo aspettare secoli prima di arginare l’uccisione deliberata di civili.

Luca

Foto | The Atlantic (AP Photo/Khalil Hamra)

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diritti umani

Non ci sono i buoni

palestina spia

Michele Serra ha scritto la sua Amaca di oggi riflettendo sulle foto giunte dalle Palestina, in cui si vede il cadavere di una sospetta spia trascinato con una moto.

Nella ricca galleria degli orrori di guerra, le immagini dei miliziani di Hamas che trascinano lungo la strada il cadavere di un sospetto delatore, appeso a una fune e trainato da una pattuglia di giovani motociclisti ebbri di entusiasmo, segna un record di ferocia difficile da uguagliare. Atroce in sé, e particolarmente devastante per la causa palestinese. Il pregiudizio anti-arabo si nutre infatti dell’idea che una sorta di inguaribile arcaicità di costumi, di cultura e di organizzazione politica ostacoli l’accesso di quei popoli a ciò che noi chiamiamo “modernità”. Sappiamo, purtroppo, che la condizione della modernità non impedisce a chi se ne fregia di perpetrare violenze e crudeltà inaudite: anche le democrazie bombardano i bambini. Ma quel cadavere trascinato tra le urla di giubilo è come se ci spalancasse sotto i piedi l’abisso di una ferinità che credevamo sepolta in fondo ai secoli, la testa mozza infissa su una picca, il corpo del nemico legato al carro e trascinato nella polvere, lo scempio del cadavere come ricreazione ludica per la soldataglia. Se l’autorità palestinese ha cura delle proprie ragioni e della dignità della sua causa, ne darà certamente segno punendo i colpevoli, che hanno offerto al nemico, già soverchiante per armamenti e per potere politico e militare, una vittoria ottenuta senza sparare un colpo.

Luca

Via | Il Post