La risoluzione della crisi del governo Conte con l’incarico dato a Mario Draghi e apparsa a molti commentatori come una netta vittoria di Matteo Renzi.
In un colpo solo ha fatto fuori Conte, rischia di spaccare a metà il Movimento 5 Stelle (con la scissione della fronda governista di Di Maio da quella oltranzista di Di Battista), rischia di spaccare il centro-destra (riportando Forza Italia al governo) e crea casini al PD provando ad attirare una parte dei suoi consensi su Italia Viva.
Insomma, è la costruzione di un ennesimo “grande centro” di cui Matteo Renzi ora è probabilmente convinto di esserne l’artefice, l’ago della bilancia e persino (forse) anche il leader.
La battaglia è vinta e Matteo Renzi ne è il vincitore.
Se Renzi fosse però un po’ meno pieno di sé e più connesso alla realtà, capirebbe forse che questa sua insperata vittoria potrebbe portare a nulla di quello che lui si prefigge.
Perché certi equilibri sono difficili da cambiare e perché la politica, come tutte gli altri ambiti delle vita, è molta influenzata dai rapporti personali.
Ed è indiscutibile che Matteo Renzi sia, in parlamento come nel paese reale, un personaggio totalmente impopolare e privo di qualsiasi credibilità.
Quando torneremo a votare lo capirà, forse, anche lui.
La vittoria nella battaglia di oggi si tramuterà probabilmente nella sconfitta della guerra di domani.
Renzi è stato capace di perdere il referendum costituzionale del 2016 dopo aver vinto le Elezioni Europee con oltre il 40% di preferenze.
E lo perse, in buona parte, perché si rese insopportabile con tutta Italia.
Oggi lo è ancora di più.
Qualche amico dovrebbe provare a farglielo capire.
Luca