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Esco di rado e parlo ancora meno

Negli ultimi mesi è molto cambiato il mio rapporto con questo blog, con internet, con il rutilante mondo dei social.
Non scrivo quasi più niente, anche se continuo a leggere quello che scrivono gli altri.
Non è che non abbia cose da dire, è che là fuori ormai siete in troppi per poter parlare liberamente.

Capisco perché i ragazzi siano fuggiti da Facebook.
Sai che ogni cosa che scrivi verrà letta da chiunque, almeno fino al quarto grado di parentela.
E sinceramente, è difficile che da adolescente tu possa esprimere liberamente quello che pensi quando sai che tutti i tuoi conoscenti adulti ti leggeranno.

Per me vale un po’ lo stesso, anche se l’adolescenza l’ho superata da un po’.
Prima di scrivere qualcosa, ci pensi talmente tanto, che alla fine decidi quasi sempre di lasciar perdere.

A disorientarmi, non è soltanto il fatto che sui social ormai ci siano tutti, ma è anche la quantità e la qualità delle cose che il tuo newsfeed ti propone. Negli ultimi mesi sono sicuramente di più i contenuti che nascondo di quelli che condivido.

In questi giorni di emergenza migratoria, il disorientamento è cresciuto, perché vedo scorrere immagini raccapriccianti che non so come affrontare. La foto dei cadaveri dei migranti ammassati dentro il camion aggiunge qualcosa alla nostre idee sulle politiche migratorie?
Ha senso far girare quelle immagini dentro ad un social network che è principalmente legato allo scazzo ed al divertimento?
Devo io sentirmi in colpa per quei morti, quando ormai ho litigato con chiunque conosca per difendere il dovere di soccorrere i clandestini?
Ha senso condividere quelle foto per denigrare politici populisti come Salvini o Grillo che sulla immigrazione ci stanno costruendo un consenso politico?

Ovviamente, non ho risposte, mi limito ad osservare, a leggere e a tentare di farmi un’idea delle cose.
Come stasera, quando ho letto la riflessione di Massimo Mantellini nella quale ho ritrovato un disorientamento simile al mio.

Sulla questione dei migranti, vorrei dire una cosa soltanto.
Aldilà delle politiche degli stati, dell’Unione Europea, dell’ONU e di tutto quello di cui vi riempite la bocca, aldilà di tutto questo, ci sono soltanto due strade.
Al padre siriano che sbarca su una spiaggia, mentre tiene in braccio la figlia ed il figlio, potete dare soltanto due risposte: si o no.
Potete rispedirlo a casa o potete soccorrerlo.

Perché aldilà di tutte le grandiose seghe mentali che si leggono sui vostri post, le scelte sono soltanto due.
E vi auguro con tutto il cuore di non ritrovarvi mai nelle condizioni di quel padre.

Luca

Foto | Daniel Etter for The New York Times

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internet

Rilassati e stai sereno

Ho scoperto l’applicazione più bella del mondo.
Si chiama Noisli, l’ha pensata Stefano Merlo e fa una cosa molto semplice: produce suoni da tenere in sottofondo mentre lavori.
Suoni tipo: temporale, pioggia, torrente che scorre, foglie che si muovono, vento, battigia, sfrigolio del fuoco, etc…
Puoi combinare i vari suoni per creare il tuo sottofondo preferito.
Non so, un bel temporale davanti al camino, oppure il rumore delle onde del mare di notte, o la pioggia in mezzo al bosco.

Utile per sfuggire al rumore di un mezzo pubblico o a quello di un open space e per riuscire a ritagliarsi un rifugio tranquillo.

Luca

Via | Massimo Mantellini

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internet

E se succedesse a tua figlia? Riflessioni sulle foto di Jennifer Lawrence

Ci sarebbero alcune riflessioni da fare dopo il caso delle foto rubate dai telefoni di alcune attrici americane e pubblicate ormai in ogni dove.

La prima, quella più banale, da buon padre di famiglia è questa: mandate la foto di voi nude soltanto a vostra madre, o a vostra sorella se è più brutta di voi e non è gelosa, a nessun altro. Il fidanzato od il marito che oggi vi ha giurato eterno amore, domani potrebbe non prendere bene la fine del vostro legame e far vedere le vostre foto a chiunque. Se lo fate, sappiate che correte un rischio e che questo rischio è alto, perché quando una foto finisce su internet, ci resta per sempre, non c’è diritto all’oblio che conti.

C’è poi un’altra riflessione importante che andrebbe fatta (la fa, tra gli altri, Massimo Mantellini) ed è quella sulla consapevolezza che ognuno di noi ha degli effetti che possono avere le nostre azioni quando prendiamo in mano il nostro smartphone. Dubito che tutti siano consapevoli che le proprie foto vengono probabilmente archiviate sul cloud, cioè materialmente su alcuni server sparsi in giro per il mondo e che quei server, come tutti i computer del mondo, possono essere violati da gente brava che fa quello come lavoro o come hobby. Perfino le foto cancellate, o che voi credete cancellate, potrebbero nel frattempo essere state archiviate sul Cloud.
Non mi fraintendete, è un servizio ottimo ed utile, ma dubito che tutti gli utilizzatori di smartphone siano consapevoli di cosa sia il servizio cloud che potrebbero aver attivato sul loro dispositivo. E sono quasi sicuro che in molti ignorino il fatto che dai metadati di una nostra foto sia perfino possibile ricavare le coordinate GPS del luogo in cui è stata scattata e che quindi sia molto facile risalire addirittura al nostro indirizzo di casa.

Da ultimo, ma credo sia giusto evidenziarlo, c’è una strana dicotomia tra il livello di indignazione che molti in rete hanno manifestato a favore del diritto alla privacy nel caso che le nostre corrispondenze vengano intercettate dall’NSA o da qualsiasi altro organismo di spionaggio, e l’assoluta nonchalance con la quale gli stessi individui si sono precipitati a condividere ed a commentare le foto di Jennifer Lawrence così come mamma l’ha fatta (Luca Sofri giustamente lo evidenzia).
Non importa che la Lawrence sia una star del cinema. Lei come chiunque altro ha il diritto di non vedere gettate in pasto ai maiali le sue foto private.

Quando andate in giro a cercare le foto della Lawrence nuda e ne ridacchiate con i colleghi, pensate che domani potreste arrivare in ufficio e trovare gli stessi colleghi ridacchiare con la bavina alla bocca mentre guardano le foto di vostra figlia.

Il rispetto che pretendiamo per noi stessi, dovremmo riuscire ad esercitarlo anche sugli altri.

Luca

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politica

I 300 spartani, gli attivisti in rete, cosa si fa e cosa non si dovrebbe fare

Attenzione, post adatto soltanto agli appassionati di politica e di comunicazione web.

Il mondo fortunatamente ignora il fatto che dietro ogni campagna elettorale ci siano dei gruppi di assalto di persone che, non soltanto cercano di portare in evidenza le iniziative del loro leader di riferimento, ma al contempo denigrano le iniziative degli avversari.
E’ avvenuto nelle ultime elezioni, ma anche durante le primarie del PD.
Per capirci, c’erano gruppi di bersaniani che andavano in giro per la rete a denigrare Matteo Renzi e gruppi di renziani che facevano lo stesso con Bersani.
Il tutto avviene molto più su Facebook che su twitter, ma avviene anche nei commenti dei blog più influenti.

Se lo si facesse in maniera corretta, senza forzare troppo la mano non ci sarebbe nemmeno niente di male.
Ci sono però stati casi in cui queste azioni hanno travalicato il limite del bullismo e del trollismo.

Un caso emblematico fu raccontato da Massimo Mantellini che in un suo post ironico su Bersani aveva ricevuto decine di commenti precompilati, tutti provenienti dalla sede del PD. Una cosa analoga era successa durante la campagna elettorale per le primarie, come raccontò Luca Sofri.

Dietro queste iniziative in molti ipotizzarono l’intervento dei 300 Spartani, un gruppo di assalto coordinato da Tommaso Giuntella, uno dei responsabili della campagna elettorale di Bersani, la cui attività fu descritta così:

Presidiano, vigilano, monitorano, intervengono, corrono in soccorso, se del caso spammano, invadono le timeline su Twitter, commentano, inventano hashtag, rilanciano i temi della campagna del segretario dem, animano il dibattito online, coordinandosi tra loro.

Ieri notte si è svolta una notevole discussione su Twitter, iniziata da Enrico Sola durante la quale Giuntella ha ammesso che l’attacco al post di Mantellini fu orchestrato da loro, anche se fu fatto “per scherzo” e fu l’ultimo episodio del genere.


Quindi si deduce che ci fossero persone incaricate dal PD che, probabilmente all’insaputa di Bersani, andavano in giro a trolleggiare sui blog influenti.
Ci vado con i piedi di piombo, che sono già volate minacce di querele, ma viene anche da chiedersi se questi attivisti operavano come semplici militanti del partito o se il partito li aveva incaricati ufficialmente e magari anche retribuiti.

Perché poi, di base, i 300 spartani, e gli altri gruppi analoghi, hanno finito per fare soltanto del male al partito.
Il danno è stato fatto, il mondo andrà avanti lo stesso, ma la prossima volta, evitiamo i 300 spartani, che le campagne elettorali su internet sono un’altra cosa.

Nel frattempo Enrico ha scritto il commento definitivo sulla vicenda, che condivido in pieno.

Luca

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informatica internet politica

Cose da leggere questo Lunedì

Sulla scomparsa di Aaron Swartz, un ventiseienne morto suicida nei giorni scorsi, che era qualcosa di più di un hacker o di uno smanettone e che ha dato molto alla rete e a tutti noi, vi consiglio di leggere quanto scritto da Mantellini su Punto Informatico.

Sulla politica, invece, vi raccomando il solito ottimo Civati, che ci invita a guardare avanti.

Luca