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politica

Un paese di menta

Ieri sera mi sono guardato Niente di Personale, la trasmissione di Antonello Piroso su La7.

Non ho visto l’inizio, ma si parlava di anni di piombo e di comportamento dello stato nei confronti delle vittime.
Tra le testimonianze, quella di Rosy Bindi, che assistette all’omicidio del suo professore, Vittorio Bachelet, ucciso dalle BR nel 1980 nell’atrio della sua Facoltà.

In studio c’erano i figli di due vittime che, con posizioni diverse, si lamentavano del disinteresse nei loro confronti da parte delle istituzioni. Il loro disappunto era rivolto soprattutto alla recente elezione in parlamento di Sergio D’Elia, militante di Prima Linea e condannato come mandante dell’omicidio di un agente di polizia penitenziaria.
Prima Linea è stata una formazione terroristica, nata dalle esperienze di Lotta Continua e di Potere Operaio, quando queste due organizzazioni decisero di rimanere nella legalità e di non scegliere la lotta armata. Sergio D’Elia è stato un terrorista vero. Forse non ha mai ammazzato nessuno, ma porta sulle sue spalle responsabilità enormi. La riabilitazione è una cosa, l’amnesia un’altra. D’Elia, se fosse una persona seria, non avrebbe accettato di essere eletto in parlamento.

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del.icio.us

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sport

Facciamogli vedere chi siamo!

Oggi si gioca Italia-Germania.

Ho affrontato questo mondiale con pochissimo entusiasmo.
Una nazionale di dopati, complottisti e scommettitori mi lasciava inderdetto.
Sono arrivato a tifare timidamente per il Ghana ed a sperare che i nostri azzurrini se ne tornassero velocemente in Italia a rispondere alle accuse mosse dai giudici.

Ma ora è diverso.
Sarà perché ci hanno impallinato un’orso.
Sarà perché i loro giornalisti ci stanno trattando in modo indegno.
Sarà perché ci considerano cialtroni e quando vengono in vacanza da noi si comportano come se ci stessero facendo l’elemosina.
Sarà perché quando noi eravamo in pieno Rinascimento loro erano ancora poco più che barbari.
Sarà perché prendono per il culo i nostri emigrati e poi fanno la fila per andare nei loro bar e ristoranti.

Sarà per questi ed altri motivi, ma io oggi spero che l’Italia vinca la sua partita.
Perché noi siamo dei furbi, tiriamo a campare, ma abbiamo anche avuto la forza di cercare le mele marce e di scansarle.
C’è stata e c’è ancora Tangentopoli, ma c’è anche stata Mani Pulite.
C’è la mafia, ma ci sono stati Falcone e Borsellino.
C’è stato Moggi, ma c’è anche stata Moggiopoli.

Quindi che ci ciuccino pure il calzino questi tedeschi.
E rifiliamogli tre pappine, tanto per non lasciare spazio alle recriminazioni.

Per impallinare i nostri azzurrini ed il loro allenatore ci sarà tempo e modo…

Luca

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diario

14 anni fa, Falcone

Falcone_Borsellino

Era il tardo pomeriggio di un sabato sera.
Il solito appuntamento in piazza per andare a mangiare una pizza.
Quando arrivo all’appuntamento mi dicono che è esplosa una bomba a Palermo.
Sembra che tra i morti ci sia il giudice Giovanni Falcone.

Falcone era l’uomo che rappresentava la parte buona dell’Italia.
Rappresentava la parte dello stato che vuole combattere la mafia.
Poco tempo prima lo avevo ascoltato in una puntata storica del Maurizio Costanzo Show, durante la quale aveva esposto la sua visione della vita e della lotta alla mafia.
Ne ero rimasto affascinato.

Falcone aveva paura di morire, lo aveva detto più volte.
Ma la sua vocazione era più forte della paura.
Quella paura sarà ben visibile sul volto del suo amico e collega Paolo Borsellino, seduto su una panca della chiesa nella quale si svolsero le esequie di Falcone. Su quel volto si leggeva la consapevolezza di essere un condannato a morte.
Ancora 50 giorni e sarebbe venuto il suo turno.
Saltato in aria anche lui, per mano degli stessi uomini.

La mafia sbagliò i suoi calcoli, perché queste due stragi servirono a risvegliare la voglia di legalità dei siciliani.
Sono già passati 14 anni, ma Falcone e di Borsellino continuano ad essere dei giganti nel nostro paese di nani.
La foto di Falcone e Borsellino che si parlano all’orecchio mentre sorridono dovrebbe essere affissa in tutte le scuole d’Italia.

Luca

Foto Wikipedia.

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politica

La follia della politica

Leggo che Bush ha firmato una legge per salvare la vita di Terri Schiavo. Non posso non pensare alle decine di volte che Bush si è rifiutato di fermare il boia o alle volte in cui ha dato il via ad una nuova campagna di bombardamenti sull’Afghanistan, sull’Iraq o chissà dove in futuro.

Perché chi si erge a paladino della difesa della vita, difende solo certe vite e non tutte le vite?
Perché Terri Schiavo si ed un condannato a morte no. Perché gli embrioni si e gli iracheni no?
Questa è la follia della politica. Che sta prendendo piede anche da noi. Si può difendere la vita (embrionale) ed essere camorristi? Perché quando si pensa alla difesa della vita ci viene da pensare soltanto all’aborto, all’eutanasia, alla fecondazione assistita e non alla vita nel suo complesso?

Si può impegnarsi per difendere la vita degli embrioni e poi magari chiudere gli occhi di fronte a certe connivenze di uomini del tuo partito con la mafia? Credo di no. Non ci possono essere eccezioni.
La vita di un palermitano morto ammazzato vale come quella di Terri Schiavo. Non si può negare questa evidenza.

Chi cerca di creare confusione in questo è in malafede.
Attacchiamo la spina a Terri Schiavo, perché nessun uomo può decidere della vita di un altro uomo. Ma facciamo una moratoria per la pena di morte. E fermiamo anche la guerra in Iraq. E magari mandiamo a casa i politici mafiosi.

Chi difende solo alcune vite non ha nessuna credibilità, è soltanto un ciarlatano. E difende la vita solo per accontentare chi gli consente di mantenere la sua posizione.
Sulla vita, come su tante altre cose, non si possono fare distinzioni.
Nessuno può decidere quali siano le vite da difendere e quali siano quelle da snobbare.
Almeno secondo me. Per quello che vale.

Luca