Stavo sonnecchiando sul divano, quando sullo schermo della TV mi appare la faccia di Marco Mazzocchi tutto imbacuccato dentro una tenda.
Mi rendo conto che è la seconda puntata del reportage sulla missione italiana che quest’estate ha tentato di scalare il K2.
La settimana scorsa avevo visto la prima puntata.
Come tutti i documentari di alpinismo, mi era molto piaciuto.
Insomma, il documentario era quasi finito e due italiani avevano appena raggiunto la vetta.
Uno scenario incredibile, ma è tardissimo, sono le 18:30 e si sa che il K2 uccide soprattutto durante la discesa.
Guardo Mazzocchi che parla alla radio con uno dei due italiani.
Sono in mezzo ad una tempesta di neve, è notte e non riescono a vedere le tende del Campo 4.
Dopo un po’ vedono la luce e raggiungono gli altri due italiani che avevano rinunciato alla conquista della vetta, sono arrivati al Campo 4.
La mattina dopo Mazzocchi parla con uno dei due italiani e scopre che l’altro al Campo 4 non è mai arrivato. Durante la discesa è rimasto indietro e non è più arrivato alla tenda.
Insomma, è morto.
Impossibile che sia sopravvissuto una notte intera sotto una tempesta di neve.
Sarà che a me queste storie sul K2 mi hanno sempre affascinato, ma insomma, ecco, ci sono rimasto male.
Mica puoi fare una trasmissione drammatica con Mazzocchi…
Io sono abituato a vederlo alla Domenica Sportiva.
Ed invece è stato bravo.
L’alpinista che è morto si chiamava Stefano Zavka, era una guida alpina di Terni ed è morto il 20 Luglio sul K2.
Il corpo non è ancora stato ritrovato.
Questo era il suo sito.
Approfondimenti sulla storia li potete trovare su Montagna.tv.
Ci sono state inevitabili polemiche, soprattutto perché Zavka è stato lasciato indietro senza avere la radio che ha invece permesso al compagno di salvarsi.
Questa è la lettera scritta dall’alpinista superstite al compagno scomparso.
Mica tutti nasciamo eroi.
Luca