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Il ruolo del giornalismo

Tra le tante cose incredibili che sono successe in questi giorni di attesa per il risultato delle elezioni americane, ne è successa una l’altra notte che ci ha fatto forse pensare che, in fondo, il giornalismo ha ancora un ruolo importante, non solo nel raccontare la realtà, ma nel dare alle persone gli strumenti per interpretarla.

Succede che Trump tiene una conferenza stampa, raccontando un sacco di stupidaggini e di falsità, e il giornalista della MSNBC, interrompe il collegamento, dicendo qualcosa del tipo: “Eccoci qui di nuovo nell’insolita posizione di dover, non soltanto interrompere, ma addirittura di dover correggere il Presidente degli Stati Uniti D’America, perché quello che sta dicendo non è vero”.

Credo sia stato un momento importante, nel quale un giornalista si prende da solo la responsabilità di interrompere la trasmissione della conferenza stampa dell’uomo più potente del mondo, per onorare la verità e per tutelare le persone che in quel momento erano davanti alla TV.

Il fatto un po’ ci stupisce, perché siamo abituati in Italia ad avere una sorta di falso rispetto per le opinioni di tutti, anche quando sono opinioni false, pericolose, potenzialmente dannose per chi le ascolta.

Pensate cosa poteva essere il nostro paese se a Berlusconi, Fini, Di Maio, Di Battista, Bossi, Meloni, Salvini od altri politici italiani, all’ennesima falsità detta in diretta televisiva, un giornalista fosse intervenuto per togliergli la parola e dire che, ok, si può dire tutto, ma quello che sta dicendo non è vero.

Lo scempio portato dal grillismo nel nostro paese ha finito per far trionfare i politici mentitori, disarmando i giornalisti; vi ricordate, li chiamavano “giornalai”, come se fosse un’offesa essere giornalai, tra l’altro.

Il risultato è che molti politici nostrani dicono di tutto, mentendo in modo trasparente, semplificando tutte le questioni ed alimentando l’astio delle persone che li seguono in modo acritico sui social o in TV.
E non c’è mai un giornalista che si alzi per dire: “Mi trovo nella insolita posizione di doverle togliere la parola, perché quello che sta dicendo non è vero”.

Servirebbero giornalisti più coraggiosi, persone più attente alle parole che ascoltano, cittadini più consapevoli della realtà che gli viene raccontata e che non condividano qualsiasi fregnaccia che gli passi sotto gli occhi mentre scrollano il loro newsfeed.

Da questo tempo tutto matto ne usciamo se ognuno fa la sua parte a raccontare la verità.

Il giornalista della MSNBC, l’altra notte, la sua parte l’ha fatta.

Luca

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Quando le cose sono troppo brutte per riuscire persino a raccontarle

Viviamo un periodo offuscato da nubi così nere, che a volte è veramente difficile riuscire solo a parlare di certe proposte politiche che vediamo prendere forma nel nostro paese ed in altri.

L’effetto è un po’ quello di Rachel Maddow, una delle giornaliste televisive più famose in America, che si è bloccata mentre leggeva la notizia dell’apertura di centri di detenzione per bambini al confine tra Messico e USA.
Si è commossa e non è riuscita a finire di leggere la notizia.
La storia è questa.

Credo che molti di noi si siano immedesimati con la reazione di Rachel Maddow, perché spesso ci sentiamo come lei.
Di fronte al comparire di certe notizie, ma soprattutto di fronte alle giustificazioni fornite da persone con le quali condividiamo il nostro cammino su questa terra, l’unica reazione sarebbe quella.
Mettersi a piangere.
Come quando sei bambino, e provi a spiegare ad un grande una cosa che sai che il grande non capirà, e allora ti metti a piangere, per la disperazione di non riuscirti a farti capire, e poi il pianto diventa disperato, perché sai che il grande ti riterrà debole, incapace di comunicare le tue idee, e sai che il grande penserà: “Poverino, piange perché si è reso conto di aver torto e non sa come uscire dalla situazione”.

Ci sentiamo spesso come quei bambini che non riescono a farsi capire dai grandi.
Perché sembra perfino impossibile dover spiegare come mai creare un registro dei cittadini Rom residenti in Italia sia una cosa aberrante. Aldilà del giudizio che abbiamo sullo stile di vita dei Rom. Aldilà di tutto.
O che dividere i bambini dai loro genitori, mentre provano ad entrare negli USA, e darli in adozione ad altre famiglie sembra una di quelle favole sadiche dei fratelli Grimm.

Eppure vediamo continuamente, sui dannati socialcosi, e nella vita reale, persone che pensiamo di conoscere, sostenere e giustificare quelle idee aberranti.
Toccherà provare a non piangere e a cercare di spiegare la nostra posizione.

Perché qui stanno uscendo i mostri dalle fottute pareti.
E piangere non li farà scomparire.

Luca

Foto | (John Moore/Getty Images)

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Obama

In un mondo impazzito, nel giorno dello sciagurato insediamento di Donald Trump, mi sono ricordato della cosa che scrisse Luca Sofri la notte della prima elezione di Obama.

Ragazzi, complimenti a tutti. È la cosa più bella capitata a questo mondo dal 1989. E buonanotte.

Barack Obama non ha fatto tutto quello che speravamo avrebbe fatto.
Non ha chiuso Guantanamo, ad esempio.
Restano certamente le sue grandi doti, il suo carisma, la sua autorevolezza.

Io lo rimpiangerò moltissimo.

Foto | Pete Souza

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Minacciare sempre l’abisso e non capirci mai niente

Guardiamo tutti all’America, ma la conosciamo poco.
O meglio, anche chi conosce l’America, conosce pochissimo gli americani che hanno votato per Trump.
Che sono gli americani della provincia, quelli dei distretti industriali, quelli che la ripresa economica l’hanno sentita evocare in TV, ma che non l’hanno ancora vista avere effetti sulla loro vita.
Era il 2008 e da quella crisi si sono riprese le banche (alcune), le borse (alcune), il mondo della finanza (in buona parte), la classe dirigente (tutta, o quasi).
Sono passati 8 anni e da quella crisi i cittadini normali non si sono ripresi affatto.

In questi anni abbiamo quindi assistito ad un paradosso.
Da una parte, i giornali e le TV ci raccontavano di una crisi ormai alle spalle (più in America che in Europa, meno ancora in Italia), dall’altra i cittadini la crisi la vivevano tutti i giorni nei loro conti in banca sempre sulla linea del galleggiamento, quando era sufficiente una spesa imprevista per far saltare il banco e magari la famiglia.

In questo paradosso si è poi inserita una comunicazione politica che è stata incapace di spiegare ai cittadini cosa stesse realmente succedendo.
E la colpa non è della comunicazione, ma della politica.
In questo scenario di grande fraintendimento, la classe dirigente (politica, finanziaria, economica) è riuscita a fare una cosa soltanto.
Ha iniziato a paventare cataclismi.
Invece di spiegare perché si continuasse a parlare di ripresa economica quando la maggior parte delle persone stava ancora molto peggio del 2008, ha iniziato a minacciare i cittadini sulle possibile conseguenze catastrofiche che possibili cambiamenti strutturali avrebbero provocato.
Se vince la Brexit, morirete tutti.
Se vince Trump, scoppierà le terza guerra mondiale.
Se vince il No al referendum costituzionale italiano, allora preparatevi a conseguenze tremende sulla nostra economia.

In poche parole, se le cose non andranno come la classe dirigente ha deciso che devono andare, allora crollerà giù tutto.

Ma le persone, o almeno molte di loro, è quello che vogliono.
Che crolli giù tutto.
Vogliono soprattutto assistere al fallimento di quella classe dirigente che continua a raccontare di miglioramenti macroeconomici che non hanno nessun effetto sulla loro vita e sul loro benessere.

Inutile dire che è un errore clamoroso fatto da chi dovrebbe conoscere meglio le persone e le loro necessità.
È un errore in cui è caduto anche Matteo Renzi che, almeno all’inizio, ha fatto intendere che la vittoria del No al referendum costituzionale avrebbe portato alla fine del suo governo e a conseguenze imprevedibili sul nostro paese.
Che poi è tutto giusto, perché Renzi si dovrebbe davvero dimettere in caso di sconfitta e le conseguenze sarebbero davvero imprevedibili.
Ma se dici alle persone che se vince il No, allora l’attuale classe dirigente se ne tornerà a casa e tutto cambierà, allora la gente andrà a votare in massa per il No.

È un antico vizio italico, soprattutto della sinistra.
Ci abbiamo messo 20 anni a capire che per battere Berlusconi era innanzitutto necessario smettere di trattarlo come l’anticristo e smettere soprattutto di considerare idioti tutti quelli che l’avevano votato.
Renzi questa cosa la capì e la mise in pratica.
Ora pare essersene scordato.
Tutta la retorica sui gufi, le battute sui cinquestelle, la prosa saputella di chi la sa lunga, è perdente.

Con Trump è successa più o meno la stessa cosa.
Se voti Trump crollerà tutto il mondo come l’avete conosciuto, chi lo vota è un’idiota, razzista, misogino e stupido.
Se me lo dici tu, che in questi anni non sei riuscito a migliorare la mia vita di una virgola, allora si, grazie, vado a votare per Trump.
E anche di corsa.

Luca