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La responsabilità di essere i rappresentanti del popolo

Fra dieci anni capiremo, forse, se il libro La Casta di Rizzo e Stella, avrà fatto bene o male alla salute della nostra democrazia.
Non per l’opera giornalistica in sé, che ha solo meriti, quanto per l’effetto che la sua pubblicazione ha scatenato negli animi degli italiani, sempre molto più bravi ad indignarsi che ad impegnarsi nella costruzione di una società migliore.

Il sentimento di rivolta contro i privilegi della politica sta assumendo dei toni ed una gravità che va ben oltre il reale peso di tali privilegi nel funzionamento della nostra politica.
Abbiamo sempre mal digerito le auto blu, un po’ anche perché in quella auto blu ci vorremmo essere noi, ma ora quel sentimento di insofferenza si è trasformato in sdegno e chissà cosa potrebbe diventare domani, se la crisi economica si acuisse.

Sarebbe ingenuo pensare che un libro possa scatenare rivolte popolari, ma è innegabile che il dibattito che è nato dopo la sua pubblicazione ha incanalato e dato credito all’insofferenza trasformatasi nello sdegno di cui dicevamo prima.

Poi ci sono state le P3, le P4, il Rubygate e tutto il casellario di inchieste che hanno investito la nostra classe dirigente e che hanno dato ancora più credito alla consapevolezza popolare contro il regime.
Su tutto questo hanno soffiato i grillismi ed i travaglismi e, anche se in modo incolpevole, gli annozerismi e i reportismi.

E quindi ora ci troviamo con una politica che inizia a rendersi conto di aver travalicato il limite di sopportazione del popolo e che prova a dare, nel modo inadeguato di cui sola è capace, delle dimostrazioni di cambiamento e di ravvedimento.
Così, per la prima volta nella storia repubblicana, la camera potrebbe dare l’autorizzazione ad arrestare un parlamentare e magari ci potrebbe essere per la prima volta un taglio dei compensi dei parlamentari o comunque una erosione dei loro privilegi.

A scanso di rischiare di sembrare un bastian contario, devo dire che non sono queste le risposte che la politica doveva dare al popolo.
Non è mandando in galera un inquisito o aumentando il costo dei cornetti alla bouvette che porteremo questo paese fuori dalla crisi in cui si trova.

Sarebbe bastato semplicemente governare bene, fare poche e buone leggi, amministrare con efficienza i territori, tenere una condotta di vita limpida ed onesta.
A quel punto, anche 15.000 € al mese, o quanti diavolo sono, sarebbero stati spesi bene.

Invece, si è governato male, legiferato peggio e dato un esempio miserevole con la propria condatta di vita.
Ora metteranno una pezza, concedendo al popolo la gioia di vedere il parlamentare in manette, ma c’è da augurarsi che non sia questo a saziare la voglia di buona politica degli italiani.
Perché, se così fosse, allora vorrebbe dire che siamo davvero messi male e che la pessima politica di questo paese altro non è che lo specchio della pessima gente che questo paese lo abita.

Luca

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La libertà non è tirare l’ammoniaca in faccia

Sulla vicenda della No-TAV cè tanto da dire, ma alla fine basta quello che ha scritto il Presidente Napolitano.

Su tutto però bisogna chiarire una cosa.
Preparare delle bombe all’ammoniaca per tirarle a poliziotti ed operai non è giustificabile mai.
Le azioni non violente, anche odiose come violare zone interdette, sono una cosa.
Tentare di sfregiare la faccia di chi si ha davanti è tutt’altra cosa.

Poi ci sarebbero anche altre cose da dire.
Che ad esempio la gente non ha ancora ben capito cosa significhi essere un Partito Democratico e che quello che sta succedendo in questi giorni ci chiarisce perché il PD debba essere diverso da SeL e IDV.
In questo senso il commento di Bersani è sottoscrivibile cento volte:

Non si tratta piu’ di come si fa una ferrovia ma di come funziona una democrazia.

In uno stato normale vengono prese delle decisioni, ma una volta prese le si portano avanti, specialmente quando queste decisioni sono state discusse e ridiscusse.

Non c’è nessuna grande dimostrazione di democrazia nello stare sempre dalla parte di chi fa casino.

Luca

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Il Movimento 5 Stelle contro Beppe Grillo e Casaleggio

Su Giornalettismo è stato pubblicato un articolo interessante sulla guerra che si sta scatenando dentro il Movimento 5 Stelle contro Beppe Grillo e Casaleggio Associati.
L’articolo è lunghetto, ma è interessante e documentato.

Della questione ne aveva parlato anche Alessandro Gilioli alcuni giorni fa intervistando una ex candidata del Movimento 5 Stelle.

Le critiche che vengono dal basso, sono sempre le stesse.
Beppe Grillo decide tutto.
Regole, candidature, statuti ed incarichi.
O meglio, decide tutto Casaleggio, la ditta che gestisce, con grande profitto, il blog di Grillo e tutto il relativo merchandising.

Il livello di chiusura è tale, che nelle riunioni in cui vengono comunicate le decisioni, sono proibite le registrazioni audio-video, quando sappiamo che una delle battaglie storiche del grillismo è sempre stata quella di registrare le sedute dei consigli comunali o regionali.

I malumori nella base stanno aumentando ed in molti chiedono a Grillo di separarsi da Casaleggio e di arrivare ad una gestione limpida del Movimento.

Beppe Grillo ha risposto alle critiche interne con questo post, pubblicato qualche giorno fa, nel quale praticamente manda affanculo chi non la pensa come lui.

Pare buffo che il Movimento 5 Stelle voglia togliere dai partiti la cosa forse più bella dei partiti medesimi e cioè la collegialità delle decisioni.
Grillo ha scoperto che la dittatura ha un funzionamento più snello della democrazia.
Non mi pare una scoperta né nuova e né bella.

Luca

Via | Inkiostro

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Io non firmo

Carissimi Claudio Abbado, Salvatore Accardo, Umberto Ambrosoli, Alberto Asor Rosa, Corrado Augias, Gae Aulenti, Andrea Carandini, Luigi Brioschi, Tullio De Mauro, Umberto Eco, Carlo Feltrinelli, Inge Feltrinelli, Ernesto Ferrero. Vittorio Gregotti, Carlo Federico Grosso, Rosetta Loy, Dacia Maraini, Renzo Piano, Mario Pirani, Maurizio Pollini, Giovanni Sartori, Corrado Stajano, Massimo Teodori, Giovanni Valentini, Paolo Mauri, Gustavo Visentini, Innocenzo Cipolletta, Domenico Fisichella, Stefano Mauri, Benedetta Tobagi, Franco Cardini, Luciano Canfora, Irene Bignardi e Margherita Hack,
vi prego, la legge elettorale è una cosa che non si può fare a colpi di referendum.

È una materia complessa, che va affrontata considerando gli equilibri politici del momento e cercando di prevedere come saranno domani.

Ora siamo tutti gasati per il quorum raggiunto con gli ultimi referendum, ma se torniamo a far votare la gente su tutto, finisce che il quorum tornerà ad essere un miraggio irraggiungibile.

Siamo una democrazia rappresentativa, lasciamo che i nostri rappresentanti in parlamento legiferino.

Cerchiamo di fare ognuno il proprio lavoro.
L’Italia la miglioriamo giorno dopo giorno, con il nostro impegno, ognuno nel suo campo di attività.
Non la miglioriamo cercando di fare il lavoro degli altri.
Non è affatto detto che riusciamo a farlo meglio.

Luca

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Due riflessioni sul voto

Pensieri in libertà sulle elezioni.

Il PD se fa le primarie è più facile che vinca.
La gente sceglie chi candidare e poi lo va a votare con maggiore convinzione.
Anche Siena è un piccolo esempio di questo.
Non hanno fatto le primarie ed il candidato sindaco prende 7 punti meno delle liste che lo sostengono.

Il voto al Movimento 5 Stelle è schizofrenico.
Per me non val la pena inseguirlo.

Se dovessi votare a Napoli sarei in grossa difficoltà, perché De Magistris vincitore al ballottaggio non credo che sarebbe una buona notizia per la città.

La sconfitta del PDL e della Lega a Milano secondo me vanno inquadrate non come una vittoria dell’antiberlusconismo, ma come una presa d’atto dell’elettorato di centro-destra che il loro sindaco non ha fatto quasi niente delle cose che gli aveva promesso. E gliela ha fatta pagare.

Il PDL perde voti a Milano, ma li perde anche la Lega. E il PD cresce. È questa la vera notizia, forse.

Ultima cosa.
Il PD potete percularlo quanto volete, perché vince dove perde le primarie.
Però le primarie spesso le fa e quando le vince uno esterno al partito lo sostiene.
E questo mi pare un bel segnale di democrazia.
Specialmente in una realtà italiana in cui quasi tutti i partiti hanno una fortissima devozione al leader.

Luca