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Frase del giorno

Christian Rocca su Twitter.

Luca

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diario

Gli altri si mettano in coda

Stavo quasi per dire che sto per chiudere le ferie e che, nonostante i cataclismi successi nelle ultime due settimane, niente sembra essere cambiato davvero, quando, in zona cesarini, il regime di Gheddafi sembra avere le ore contate.
Christian Rocca commenta così:

Vediamo che cosa succederà adesso, ma se le notizie da Tripoli saranno confermate e consolidate la campagna Onu e Nato guidata from behind dall’America di Barack Obama sarà ricordata come una delle campagne militari più efficaci e meno cruente di tutti i tempi. Bravi. Ora lavorare per il dopo.

Intanto, è già qualcosa.
Per la salvezza del resto del mondo, c’è tempo.
Abbiate fede.

Luca

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internet politica

Partiti che non vanno oltre lo sdegno

L’altro giorno l’ho visto segnalato nel blog di Christian Rocca.
È il partito svizzero contro PowerPoint.
Ho pensato, bello!

Tutti odiamo le presentazioni di Power Point, abbiamo letto guide, manuali e vademecum che ci hanno insegnato come creare slide intriganti, ma nella realtà quasi nessuno ci riesce.

Ho spulciato il sito dell’Anti Powerpoint Party e sono andato a cercare quale fosse la loro alternativa.

Beh, si, mi sono quasi vergognato per loro.
La soluzione sarebbe la lavagnetta con i fogli intercambiabili.

È sempre il solito problema di non riuscire a passare dallo sdegno ad una proposta politica veramente efficace.

Luca

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politica

Del Berlusconismo

Dopo le sbornie post elettorali, se vi piace la politica, ed avete voglia di capire come si potrebbe uscire dal berlusconimo (e dal suo contrario), vi consiglio di leggere lo scambio epistolare che c’è stato tra Giuliano Ferrara, Luca Sofri e Christian Rocca.

Cito qui un passaggio di Luca Sofri.
E non è colpa mia se dice molto spesso cose che condivido.

Ecco che quindi la chiarezza di ricostruzione delle cose che chiedi ha bisogno innanzitutto di una cosa: che voi, persone che sono intelligenti e conoscono l’Italia, persone che furono di sinistra o comunque non di destra, persone che spesso sono come te mie amiche, spieghino per prime le ragioni di quella “indulgenza” e ne ammettano l’errore. Non per nessun autodafé – e ci mancherebbe – ma perché se si capiscono i meccanismi e si condividono le letture si arriva al risultato che chiedi, altrimenti no. E la mia lettura è quella che segue.
Io credo che molti di voi – persone garantiste e democratiche – siano rimasti molto scottati dagli eccessi di una parte della sinistra che eravate abituati a frequentare, che trasformò le simpatie per i comunismi in simpatie per i giustizialismi, e nascose le contraddizioni e il fallimento di tutto questo sotto una coltre di ipocrisie e presunzioni. Credo che in quella parte di sinistra stessero uomini allora potenti e anche uomini che vi erano vicini, familiari, a volte amici, e questi due elementi – alla pari – vi abbiano reso inevitabile un desiderio di sconfiggerli. Perché pensavate avessero torto e perché davate loro credito e statura intellettuale. Ancora oggi tu nomini le stesse persone, persone anziane inevitabilmente estranee al tempo presente e al futuro, alla comprensione del mondo, aiutate invece nella loro comprensione dell’Italia dal fatto che l’Italia è invecchiata con loro, immobile. Per fermare l’egemonia di quel pensiero (o di quei pensieri, che voi avete deciso di definire “la sinistra”), io credo, avreste potuto tentare di combatterlo da dove vi trovavate, provando a evitare che la sinistra ne divenisse ostaggio. Invece avete deciso di darla per perduta, di non farvi voi stessi portavoce delle vostre idee e di trovare un’altra squadra con cui giocare una partita nuova, e quella squadra lì la costruì Berlusconi.

Questo paese ha bisogno di ripartire.
E per farlo dobbiamo andare oltre Berlusconi.
Senza rivendicazioni infinite, ma anche con una necessaria assunzione di responsabilità.

Luca

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diritti umani

Siamak Pourzand

Nei giorni del matrimonio reale e dell’uccisione di Bin Laden se ne è andato nell’ombra un grande protagonista della battaglia in Iran contro il regime degli ayatollah: Siamak Pourzand. Lo chiamavano il Mandela dell’Iran.
Lo racconta Christian Rocca:

Siamak Pourzand, 80 anni, giornalista e saggista, si è gettato dal sesto piano della sua abitazione di Teheran, dove ha vissuto agli arresti domiciliari gli ultimi 5 anni della sua vita. Pourzand non aveva mai voluto lasciare il suo paese, malgrado avesse perso il lavoro all’indomani della rivoluzione islamista. Nel 2001 è stato rapito per alcuni mesi dai servizi segreti, torturato e liberato soltanto dopo essere stato costretto a una confessione pubblica alla tv nazionale. Le accuse erano di aver ricevuto soldi dalla Cia e di aver avuto una relazione extra-coniugale. Pourzand, per questi reati inventati, è stato condannato a 11 anni e 74 frustate. Quando i familiari gli proposero di lasciare il paese, Pourzand decise di non mollare: «Starò qui fino a quando potrò testimoniare davanti a una nuova Commissione per la verità e la riconciliazione tutto quello che questo regime ci ha fatto». Ora che è morto, per responsabilità del regime, il regime ha negato ai familiari e agli amici di parlare al funerale. Alla cerimonia metà del pubblico era formato da agenti dei servizi segreti. Sua figlia Banafsheh Zand-Bonazzi, infaticabile militante dei diritti umani a New York, sta cercando di far conoscere la battaglia da dissidente di suo padre in America e in Europa. A Londra si terrà presto un memorial per raccontare la battaglia di suo padre. E in Italia?

Si, perché stando dietro alle diatribe da pollaio della nostra politica, finisce che ci dimentichiamo di quelli che la politica la intendono in modo un po’ più alto.

Luca