Ho ben chiaro che cosa significhi rischiare di perdere il lavoro.
La battaglia del personale Alitalia contro il piano di ristrutturazione dell’azienda è però soltanto un tentativo di non arrendersi a diventare finalmente lavoratori come tutti gli altri.
Nessuna categoria professionale (o quasi nessuna) vanta i privilegi del personale Alitalia.
A nessun lavoratore viene proposta una cassa integrazione di 7 anni con l’80% dello stipendio.
La CGIL, nel difendere i piloti, ha secondo me commesso un autogol clamoroso che cambierà il ruolo del sindacato stesso nel futuro delle contrattazioni.
Non si può difendere chi si batte unicamente per non perdere i propri privilegi.
Privilegi, non diritti.
Le aziende falliscono. E’ una cosa che può succedere.
Per l’Italia il fallimento della compagnia aerea di bandiera non porterà nessun peggioramento.
Alitalia applica ormai da anni una politica dei prezzi anti-concorrenziale.
Ci leveremo di torno un carrozzone inutile e costoso.
Piloti ed assistenti di volo troveranno altre sistemazioni, anche se si dovranno adeguare alle condizioni del mercato del lavoro.
Ai precari toccherà, come sempre, la parte peggiore, ma questo vale per tutti i precari di tutte le aziende.
Non si capisce perché per quelli di Alitalia dovrebbe essere diverso.
Anch’io, quindi, mi auguro che Alitalia fallisca.
Sarebbe dovuto succedere già una decina di anni fa.
Il problema è che Alitalia non fallirà e lo stato metterà in piedi l’ennesimo salvataggio senza senso.
L’esultanza dei piloti alla notizia del ritiro dell’offerta di CAI secondo me testimoniava proprio questo.
Esultavano perché sapevano di averla fatta franca.
L’ennesimo trionfo dell’ennesima casta italiana.
Mi auguro che i festeggiamenti di ieri se li debbano rimangiare tutti.
Luca