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La disoccupazione giovanile, Mc Donald’s, la CGIL

Nei giorni in cui vengono diffusi i dati sulla disoccupazione giovanile, che è salita al 37%, Mc Donald’s lancia una campagna pubblicitaria che promuove il suo brand annunciando il reclutamento di 3000 giovani nei prossimi 3 anni.

La CGIL si è molto sdegnata, accusando Mc Donald’s di mentire, ed evidenziando che quei posti sono soprattutto part time e prevedono il lavoro festivo.
La solita questione se sia meglio avere tutto, avere niente o avere un compromesso tra le due cose.

Francesco Costa, giornalista del Post, in Dicembre aveva pubblicato un reportage sul Sole 24 Ore nel quale raccontava la sua esperienza di 3 giorni di lavoro in un Mc di Milano.
Oltre ai dettagli tecnici, interessantissimi per noi amanti del junk food, ha spiegato come funziona il lavoro nei ristoranti e quali siano le possibilità di carriera.

McDonald’s ha 16mila dipendenti in Italia. Di questi l’81 per cento ha meno di 35 anni e il 79 per cento ha un contratto part-time (si può scegliere anche tra turni orizzontali, spalmati su tutti i giorni della settimana, o turni verticali, soltanto nel weekend). I crew hanno in media 28 anni, i manager 31, i direttori di ristorante 35. Un direttore di ristorante gestisce negozi delle dimensioni di una media impresa italiana: 35 dipendenti, almeno due milioni di euro di fatturato. In McDonald’s si entra con un contratto di apprendistato da 36 mesi – niente contratti a progetto – e tutti mi dicono che salvo disastri nel 90 per cento dei casi il contratto si trasforma a tempo indeterminato.

Insomma, certo che fare il lavoro dei propri sogni, pagato bene e a tempo indeterminato è probabilmente meglio che non lavorare in un ristorante di Mc Donald’s.
Ma nel 2012, quando più di un terzo dei giovani è disoccupato, sapere che una grande azienda ha la possibilità di assumerne alcune migliaia, a me pare una buona notizia.

Pure il tanto vituperato lavoro festivo è in realtà un’ottima possibilità per studenti universitari.
Quello che poi vorrebbe la CGIL, come spiegato meglio nel comunicato fatto oggi, che sarebbe il lavoro stabile e duraturo per tutti, è un mantra ed un totem allo stesso tempo.
E sulle cose sacre non si può discutere.
E quindi non discutiamone.

Ma, intanto che la CGIL ci fa una riflessione, se vi interessa, trovate qui le posizioni aperte e il modulo per inviare il curriculum.

Perché il Mc Donald’s è il vero ristorante proletario.
Fidatevi.

Luca

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Frase del giorno

Vent’anni fa, quando andavo a scuola, questo mondo l’ho vissuto: ho sfilato, ho preso qualche manganellata, respirato lacrimogeni, preso botte dai fascisti. Ieri ho avuto la netta impressione che tutto fosse cristallizzato. Gli slogan, le parole, persino la musica diffusa dal camion, le facce, i vestiti, l’odore delle canne: tutto uguale a quando in piazza ci scendevo io. Ovvio, cambia la prospettiva, che a noi pareva di avere più ampia di quanto non l’abbiano questi ragazzi, anche se i fatti hanno dato torto alle aspettative di molti di noi. Per il resto tutto suona come lo stanco ripetersi di cliché di piazza, il quale comporta una risposta altrettanto scontata: il non ascolto. In fondo perché un Governo o una società civile dovrebbe rispondere a chi si limita a recitare slogan vecchi di quarant’anni?

Simone Spetia ha visto le manifestazioni ieri a Milano e ha fatto una riflessione interessante.

Luca

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Quanto è emblematica la contestazione a Fassina

Della gente che ti urla in faccia e ti impedisce di parlare io tendo sempre a diffidare.
E’ evidente che gli operai dell’Alcoa hanno molti motivi per essere arrabbiati e delusi, come lo sono tanti altri italiani nelle loro condizioni.
Non tutti vanno però a Roma a buttare bombe carta, e di questo credo dobbiamo prenderne atto.

Detto questo, la contestazione violenta fatta contro Stefano Fassina, responsabile economico della segreteria di Bersani, e molto spesso sbilanciato, per non dire adagiato sulle posizioni della FIOM, racchiude in sé alcuni spunti di riflessione importanti.

Il più banale è che il popolo è arrabbiato e qualunque simbolo del potere, pur se solidale con esso, rappresenta un nemico, un ostacolo da abbattere.
L’altra riflessione, più pragmatica, porta a prendere atto di quanto sia inutile e controproducente per i partiti fare proprie ed assecondare le istanze dei sindacati.
I sindacati sono una cosa, i partiti un’altra.
I ruoli in Italia sono stati spesso confusi, intersecati tra loro.
La caduta dei partiti di riferimento e la natura meticcia del PD hanno amplificato i punti di frizione e va a finire che chi, come Fassina, più di altri ha tentato di conquistare il sostegno della CGIL, finisce per rimanerci bruciato, scoprendo che in nessun caso i partiti possono far proprie le lotte dei sindacati.

Ovvio che le lotte sindacali devono influenzare le scelte dei politici, ma nessun partito può essere il referente parlamentare di una organizzazione sindacale.

Le urla e gli spintoni che si è preso oggi Fassina potranno forse aiutare lui e Bersani, che lo ha in realtà già capito, ad emanciparsi dalle manifestazioni di protesta.

Il consenso dei sindacati, o meglio dei lavoratori, lo si ottiene facendo buone politiche per il lavoro, non andando in piazza a manifestare contro sé stessi.

Poi si dirà che il ruolo di un grande partito è anche quello di prendersi gli sputi in faccia, quando è necessario.
Ma dopo gli sputi, le risposte vanno date con atti concreti, politiche concrete, con un riformismo vero.

Altrimenti, alla fine di tutto, rimangono solo gli sputi.

Luca

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Ed i precari pagano anche questa

Non ci voleva un gran genio per predire cosa sarebbe successo.
Le modifiche alla Riforma Fornero le pagheranno i precari.
Si è ridato qualcosa a chi ha il posto fisso e si è dato meno di quanto promesso ai precari.
Lo raccontano Francesco Costa ed Il Post.

La prima delle compensazioni accordate per far fronte di questa modifica, però, è la riduzione delle possibili mensilità di indennizzo: non saranno più tra 15 e 27 bensì tra 12 e 24. Ci sono altre contropartite, che si concentrano soprattutto sulla riduzione delle tutele per i precari previste dalla prima stesura della riforma. Aumenta il numero di apprendisti che un datore di lavoro può assumere. Nei primi tre anni di applicazione della riforma, la percentuale di apprendisti da stabilizzare obbligatoriamente scende dal 50 al 30 per cento. Le norme contro l’assunzione delle finte partite IVA saranno operative un anno dopo l’entrata in vigore della legge. Il primo contratto termine tra un’impresa e un lavoratore, se di durata non superiore a sei mesi, potrà essere sciolto anche senza indicare il motivo del licenziamento.

Di fatto non cambia quasi niente.
Un po’ di soldi in meno a chi viene licenziato per motivi economici e non ha diritto al reintegro.
Molte cose in meno ai precari.

Ma dei precari non importa niente a nessuno.
Inutile stare a rimarcarlo ogni volta.

Firmeranno tutti, CGIL compresa, una riforma che per definirla storica Mario Monti deve aver bevuto un bel po’ prima della conferenza stampa.

Luca

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Mezza riforma è peggio di una riforma intera

Pare perfino ovvio dirlo, ma la pavidità del governo porterà probabilmente il parlamento ad approvare una riforma del mercato del lavoro appena abbozzata.
Una riformicchia, come la definisce Francesco Costa:

Ora ci teniamo questa riformicchia, che toglie qualche protezione a chi ne ha molte e ne aggiunge poche a chi non ne ha, lascia in piedi i mille contratti precari, fa salire ancora il già altissimo costo del lavoro, rischia di generare disoccupazione e salari più bassi, lascia fuori tutti i lavoratori del settore pubblico ed è probabilmente destinata a peggiorare in Parlamento. Bravi tutti.

Le riforme fatte a metà, così care a noi italiani, sono spesso un rimedio peggiore della malattia.

Ma, come dice sempre Francesco Costa, se il rimedio si chiamo Ichino, allora non se ne può nemmeno parlare:

[…] se questa riforma del lavoro somigliasse di più alle demoniache proposte di Pietro Ichino, i problemi di cui stiamo discutendo oggi non esisterebbero. Chi oggi è tutelato dall’articolo 18 se lo terrebbe così com’è, senza rinunciare a una briciola, a niente di niente. Chi oggi non è tutelato dall’articolo 18 riceverebbe un numero di diritti e tutele superiore a quelli stabiliti dalla riforma Fornero. Ma la parola “Ichino” è diventata un simbolo, una bandiera, così come “articolo 18″, e quando ci sono di mezzo i simboli e le bandiere le discussioni di policy non vanno da nessuna parte.

La vera categoria di persone che uscirà ancora una volta massacrata da questa riforma sarà quella dei precari, tanto citati da un certo movimentismo di sinistra, quanto ignorati dai partiti e da chi, CGIL in testa, di quel movimentismo è bandiera.

Poi fra un mese vedremo in piazza i precari a manifestare di fianco ai pensionati e ai dipendenti pubblici, e sarà molto triste e molto comico al tempo stesso.

Luca