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Siate almeno sinceri

Stefano Menichini su Europa chiede alla dirigenza del PD di essere almeno sincera con i propri elettori.
Perché quando si decide di tornare indietro non lo si può negare.

Sarebbe almeno utile se il rinnovato scontro su “primarie sì o no” si fondasse su un riconoscimento onesto: la diffidenza che nel Pd si nutre verso lo strumento nasce dall’esigenza di difendersi dal proprio elettorato, nella consapevolezza di non essere in grado di spiegargli né di fargli accettare (se non forse nel momento estremo del duello con Berlusconi) le scelte che si ritengono giuste.
[…]
Se il tema si fa esplosivo è per un problema politico, non politologico. Il Pd è un partito in ritirata (strategica, si dice) che ha riabilitato la politica delle alleanze e che deve concedere agli alleati molto senza però correre il rischio di farsi smentire dai propri elettori, come avverrebbe non solo con Casini leader ma con chiunque non incarnasse una certa idea pura dell’essere di sinistra e contro Berlusconi.
Se il Pd, dopo non aver combattuto in campo aperto estremismi e giustizialismi, non si sente in grado di spiegare, difendere e far vincere le proprie scelte, ha ragione di rinunciare alle primarie: lui ce le ha date, lui ce le toglie. Vuol dire cambiare linea, non vuol dire commettere un crimine: si può fare benissimo. A patto di essere sinceri, con se stessi (la maggior parte dei capi Pd che vogliono archiviare le primarie vi hanno partecipato a vario titolo con trasporto) e con chi aveva creduto nel mito originario del partito degli elettori.

Su Casini candidato ed altre terrificanti prospettive non ho ancora la forza di esprimermi.

Luca

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politica religione

Amnesie cattoliche

Gian Enrico Rusconi oggi su La Stampa parla di uno degli argomenti meno accattivanti che ci siano, quello della presenza dei cattolici in politica e lo fa partendo dal politico più noioso che ci sia, Pieferdinando Casini.
L’articolo, però è interessante e, come al solito, poco indulgente nei confronti del Vaticano.
Rusconi dice però cose profondamente vere.
Come quella che la Chiesa negli ultimi anni si è tanto mossa per portare avanti alcuni valori che ritiene imprescindibili, svuotandoli dei loro presupposti teologici.

Insomma, prevale sempre la morale a danno della teologia.
Si dice di puntare in alto, ai “veri” valori, in realtà spesso si punta assai in basso.

Non c’è bisogno di evocare «il ritorno della religione nell’età post-secolare» per constatare nel nostro Paese la forte presenza pubblica della religione-di-chiesa (cioè dell’espressione religiosa mediata esclusivamente dalle strutture della Chiesa cattolica). Ma la rilevanza pubblica della religione, forte sui temi «eticamente sensibili» (come si dice), è accompagnata da un sostanziale impaccio comunicativo nei contenuti teologici che tali temi dovrebbe fondare. O meglio, i contenuti teologici vengono citati solo se sono funzionali alle raccomandazioni morali. Siamo davanti ad una religione de-teologizzata, che cerca una compensazione in una nuova enfasi sulla «spiritualità». Ma questa si presenta con una fenomenologia molto fragile, che va dall’elaborazione tutta soggettiva di motivi religiosi tradizionali sino a terapie di benessere psichico. I contenuti di «verità» religiosa teologicamente forti e qualificanti – i concetti di rivelazione, salvezza, redenzione, peccato originale (per tacere di altri dogmi più complessi ) -, che nella loro formulazione dogmatica hanno condizionato intimamente lo sviluppo spirituale e intellettuale dell’Occidente cristiano, sono rimossi dal discorso pubblico. Per i credenti rimangono uno sfondo e un supporto «narrativo» e illustrativo, non già fondante della pratica rituale. La Natività che abbiamo appena celebrato è fondata sul dogma teologico di Cristo «vero Dio e vero uomo». Si tratta di una «verità» che ha profondamente inciso e formato generazioni di credenti per secoli. Oggi è ripetuta – sommersa in un clima di superficiale sentimentalismo – senza più la comprensione del senso di una verità che non è più mediabile nei modi del discorso pubblico.

Luca

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politica

C’era una volta il PD

L’emergenza neve forse vi ha distratto da un avvenimento piuttosto importante.
La morte del Partito Democratico.

Perché l’intervista di qualche giorno fa di Bersani a Repubblica sancisce questo: la fine del PD.
Non si può pensare che l’elettorato sia disposto a votare un pastrocchio fatto insieme a Fini e Casini.
Senza considerare il fatto che Fini e Casini difficilmente riusciranno a stare insieme.

Bersani decide di rinunciare all’alleanza con Vendola e Di Pietro per andare con il centro.
Decide poi di rinunciare alle primarie per togliere qualsiasi potere decisionale alla base.

In quest’ottica si posiziona benissimo la candidatura di Fassino a Torino.
Che è come dire che anche Torino ce la siamo giocata.

Non so veramente che dire.
E se continuiamo così rischio di non saper più nemmeno chi votare.

Io Bersani ce lo voglio vedere in un circolo del PD andare a spiegare ad un vecchietto dell’ANPI che alle prossime elezioni ci presentiamo insieme all’ex-delfino di Almirante.
Ce lo voglio vedere.

Luca

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politica

Verso il disastro

I saggi dicono che dalle sconfitte si deve far tesoro per imparare a sbagliare meno in futuro.
Questo non vale per una parte del PD.
Soprattutto la parte veltroniana che insiste nella sua guerra senza confine contro l’attuale segretario.
Una esponente degli sciagurati veltroniani, Maria Pia Garavaglia, propone addirittura di sostenere alle prossime comunali di Milano, non il candidato del PD, ma il probabile outsider Albertini:

Milano ha bisogno di un ripensamento. So che alcuni del Pd pensano che bisogna far vincere Pisapia. Io temo che Pisapia non vinca e il Pd era su Boeri. Quindi non si può di nuovo perdere, prima le primarie e poi le elezioni. Il Partito Democratico, se sostiene Pisapia, costringe anche quelli che vengono da posizioni differenti dalla sinistra, a votare un uomo di sinistra.

Se questo terzo polo ipotetico candidasse Albertini, lei cosa direbbe?
Se ci fosse un pezzo di Pd, o almeno l’astensione del Pd, direi certamente sì.

Però contro Albertini avete combattuto per dieci anni…
Erano anche gli anni in cui noi non esistevamo come Partito Democratico. Ogni partito ha fatto la sua battaglia. Avevamo combattuto anche contro Formentini, però poi è passato tra le nostre fila. Oggettivamente e fortunatamente c’è un’evoluzione del Paese.

Questi sono gli stessi che propongono di allearsi con Fini e Casini, piuttosto che con IDV e SeL.
Pippo Civati, prima ancora dell’uscita della Garavaglia, aveva scritto cose che sottoscrivo:

Ora, va bene avere paura delle elezioni, ma certi eccessi vanno subito portati alle estreme conseguenze: per coerenza bisognerebbe mollare tutte le amministrazioni nelle quali governiamo con Idv e Vendola. Cioè quasi tutte. E sperare che Vendola e Di Pietro non prendano il trenta per cento.[…]

Mi chiedo se ci rendiamo conto di quello che potrebbe accadere. E del fatto che il Pd ogni mese nelle intenzioni di voto perda un punto percentuale, a favore di Sel e di Fli (secondo gli ultimi sondaggi). E che gli elettori del Pd, per dirla con un’espressione popolare, non ci capiscano più un accidenti. Poi dopo non drammatizziamo i risultati di Milano, perché i problemi più grandi li abbiamo a Roma. Come sempre.

Luca

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politica

Tesoro e puttanelle

tesoro puttanelle

Lo so, oggi lo pubblicheranno millemila blog, ma il comunicato stampa emesso nei giorni scorsi dal Ministero dell’Economia è, nella forma e nella sostanza, una delle cose più ridicole, buffe e tristi tra quelle viste ultimamente.

E se ne sono viste di cose in giro ultimamente.

Luca