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La ferita

G8 Genova 2001
“Un altro mondo è possibile”. Manifesto per le giornate del summit del G8 di Genova. (Genova 20.07.01). Foto di Giulio Spiazzi

Ho appena finito di leggere La Ferita di Marco Imarisio, giornalista del Corriere, libro sul G8 di Genova, ma che in realtà parla di molte cose successe prima e di moltissime altre successe dopo quei tre giorni disgraziati del 2001.

Il sottotitolo dice molto dell’oggetto di questo libro: “Il sogno infranto dei no global italiani”.
Perché il G8 di Genova è stato si un grave episodio di repressione da parte di uno stato contro i suoi cittadini, violenze e torture comprese, ma è stato soprattutto la morte del movimento no global italiano.

Marco Imarisio parla molto di questo e lo fa molto bene, con un’analisi attenta di chi conosce bene i movimenti e le sue dinamiche.
Ci sono le cronache di quei giorni, il racconto della scellerata carica dei carabinieri in via Tolemaide che spezzò il corteo e generò tutto quello che venne dopo, cè la Diaz e c’è Bolzaneto.
Ci sono anche Luca Casarini e Piero Bernocchi e la loro cialtrona gestione di quei giorni e pure di quelli che vennero dopo.
C’è Fausto Bertinotti ed il suo tentativo di trasformare Rifondazione nel partito del movimento e di quella volta che in un’assemblea in un centro sociale per poco non ne uscì con le ossa rotte.

Se il G8 di Genova è stato per voi, come per me, la perdita dell’innocenza, vi consiglio il libro di Marco Imarisio.

Leggendo il libro ho evidenziato tre passaggi, che vi ripropongo.

Non era mai successo prima, nei fatti si tratta della costituzione di un soggetto politico che ha la sua base nei centri sociali, mai così coesi come in quel momento, e mette al centro del suo impegno i temi dell’immigrazione e della precarietà. Non si ripeterà più, e ancora oggi è lecito chiedersi cosa sarebbe stato di quella esperienza senza la ferita di Genova. Forse le pulsioni violente, che pure c’erano, sarebbero state diluite. Forse sarebbe cambiato lo sguardo delle istituzioni su certe realtà ai margini. Non lo sapremo mai.

Al contingente di cento carabinieri inviato a proteggere il battaglione che sta caricando in via Tolemaide arriva il seguente ordine: “Confermo che devi scendere per corso Gastaldi con tutti i tuoi uomini, però devi fare una cosa veloce e devi massacrare. Capito? Devi massacrare”. Questi sono i fatti che portano alla morte di Carlo Giuliani. Uno strano impasto di imperizia, caos organizzativo, rivalità tra corpi dello stato, odio che ribolliva nella pancia dei suoi uomini. Uno ha sbagliato strada, un altro si è arrabbiato ma non poteva farci nulla, le Tute bianche hanno reagito. Un ragazzo di ventitré anni non è tornato a casa.

C’erano anche loro, i cattolici. Uno degli errori più gravi compiuti dal movimento è stata la costante sottovalutazione del loro contributo. Accolti quando c’era da fare numero, mai ascoltati nelle loro poche richieste per un percorso comune. La Rete Lilliput fondata da Zanotelli è stata forse una delle novità più importanti di quella stagione, capace di mobilitare associazioni e singoli cittadini, di mischiare laici e credenti. È rimasta con il movimento anche quando la ritirata era ormai nei fatti, ricevendo in cambio insulti e insinuazioni da parte della gerarchia cattolica. Non pretendeva molto, per restare.

Se poi vi interessa, su YouTube c’è la presentazione fatta dall’autore.

Luca

Foto | #ioricordogenova

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politica

Aver già dimostrato di saper fare le scelte giuste

Si legge sulla pagina Wikipedia di Pisapia:

Nel 1996 è eletto deputato in Parlamento come indipendente nelle liste del Partito della Rifondazione Comunista. Nella XIII Legislatura è stato Presidente della Commissione Giustizia della Camera dei deputati. Nel 1998, durante la crisi di Governo, ha votato la fiducia al governo Prodi I, in dissenso dalla linea decisa dal segretario di Rifondazione Comunista, Fausto Bertinotti.

Luca

Via | Paolo Landi su FF

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diritti umani tv

Genova vista da Current

Nella mia settimana solitaria, con moglie e figli al mare, mi sono concesso la cosa più trasgressiva degli ultimi mesi: una mezza serata davanti alla TV.

Il mio masochismo mi ha spinto a vedere il documentario trasmesso da Current.tv “G8/2001: fare un golpe e farla franca“.

Non ho imparato niente di nuovo e mi sono arrabbiato nuovamente guardando quello scempio.
Due cose però mi sono rimaste impresse del documento di Current.tv.
Nel 2001, sotto il governo Berlusconi, il TG1 per primo trasmette le immagini che mostrano come la polizia si sia accanita sui manifestanti inermi, facendo vedere donne anziane, famiglie con bambini e ragazzi massacrati col manganello e trattati come animali.
Fu un momento importante nella comprensione dei fatti, perché venne sfatato il ritornello governativo secondo il quale la polizia avrebbe reagito alle provocazioni dei manifestanti.
Lo fece il TG1, non un telegiornale sovversivo.

Dal punto di vista politico, il documentario mette in evidenza soprattutto il ruolo di Fini, allora vice-presidente del consiglio, che se ne stette tutto il giorno al comando dei carabinieri ed ebbe modo di controllare momento per momento l’operato delle forze dell’ordine, tanto che Bertinotti racconta di averlo chiamato per avere garanzia che fosse lasciato sgombro un passaggio della manifestazione particolarmente rischioso.
Quando la manifestazione transitò dal tunnel che Bertinotti riteneva pericoloso effettivamente tutta la polizia, che prima vi era schierata, si era allontanata.
Questa testimonianza chiarisce quanto Fini quel giorno avesse il controllo della situazione.

Successivamente Fini negò sempre con decisione che le forze dell’ordine avessero compiuto violenze eccessive sui manifestanti, persino di fronte alle evidenze delle immagini,

Chi vede oggi in Fini il tipo fico, laico e possibile successore di Berlusconi si ricordi anche questo episodio.
Fini è stato quanto meno complice del più grave episodio di sospensione della democrazia in Italia degli ultimi 20 anni.

Luca

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libri politica

Ferrero Rocher

Rientri da una settimana di ferie e non puoi non essere nervoso.
Sali le scale del bus con la stessa simpatia del boia che si avvia a decapitare il condannato.
Torni subito in te non appena osservi che l’autista è molto più arrabbiato di quanto non lo sia tu.
Non ti resta che metterti a sedere nel tuo lurido posto ed affrontare la nuova settimana che inizia.

All’improvviso un bagliore accende la tua mente e ti ricordi che hai qualcosa di divertente da leggere.
Ti butti a capofitto nelle cronache del congresso di Rifondazione che si è chiuso ieri e ti diverti nell’osservare le gesta di persone talmente ridicole da non accorgersi più di esserlo.

Non ti sorprendi della sconfitta di Bertinotti e dei bertinottiani perché pensi che prima o poi avrebbero dovuto pagare il suicidio della svolta governista.
Che come faccia un partito comunista a governare in un paese occidentale nel 2008 qualcuno deve ancora spiegartelo.

La cosa che ti sorprende ancora meno è che il vincitore della linea anti-governista sia stato l’unico esponente della storia di Rifondazione che, se non ricordi male, abbia avuto la poltrona di ministro.
La cosa ti sembra perfettamente italiana.

Allora per sorprenderti non ti resta che iniziare un nuovo libro e rimanere rapito dalla scrittura di James Frey.

Che poi è sempre meglio di niente.

Luca

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politica

Caro Faustino, mi sei scivolato sul Post-it!

Figura di me’…
Chi l’avrebbe detto che il nostro Faustino Bertinotti sarebbe scivolato non su una buccia di banana, ma su di un innocuo Post-it!

In vista delle primarie (?!) del centro-sinistra, Bertinotti ha lanciato una abbastanza imponente campagna elettorale basandola sul concetto dei promemoria sui bigliettini gialli autoadesivi.
In pratica si invitano gli elettori del centro-sinistra a fare le loro richieste al candidato a fare il candidato premier tramite dei Post-it.
Quindi nel sito faccio una richiesta a Faustino, e questa compare nei bigliettini gialli affissi sul sito.

Si, e allora?
Beh, il problema è che il Post-it è un marchio registrato dalla 3M, colosso americano che tra le altre cose produce lo Scotch, i dossi gialli e neri che stroncano le gomme delle nostre auto e tante altre belle cose…
Quindi il nostro faustino è stato costretto ad inserire nelle sue pubblicità di seguito al nome Post-it il simbolo R, che indica che il nome è un marchio registrato.

Niente da obiettare, se non che nelle fila dell’elettorato di rifondazione ci sono tantissimi sostenitori del “No Logo”, cioè dell’opposizione alla politica dei marchi e dei brevetti.

Ma mi chiedo io: “Non poteva Faustino chiamarlo FOGLIETTINO GIALLO, invece che Post-it?”

E poi Faustino, ma si può governare l’Italia con i bigliettini gialli?
Faustino come Silvio?
Beh i mezzi mi sembrano simili.

Il populismo dilaga.
Siamo alla politica del: “Pane e fica per tutti”.

Ahi ahi ahi, Faustino mi sei caduto sul Post-it!

Luca

Update delle ore 17:22
La situazione è peggiore di quella che sembrava inizialmente.
Il sito di Fausto Bertinotti funziona bene soltanto con Internet Explorer.
Con Firefox non si riesce a compilare il form per inviare messaggi.

Vorrei sapere chi sono i furbi che hanno preparato questa campagna elettorale di Bertinotti.

Faustino, ma cosa mi combini? Mi favorisci il software Microsoft?

Luca