Categorie
diritti umani religione

Il solito Papa amico dei fascisti e dei torturatori. Ma anche no

Il Post ha messo insieme, come sempre in modo molto dettagliato, molte notizie riguardanti i legami tra la chiesa argentina, ed in particolar modo quelli di Papa Francesco, con la feroce dittatura militare che controllò il paese sudamericano dal 1976 al 1983.
I desaparecidos, le torture, i dissidenti politici buttati dagli aerei, le donne violentate, fatte partorire per dare i figli in adozione e poi gettate anche loro vive dagli aerei. Questo per capire di cosa parliamo quando diciamo “feroce” dittatura militare.

Un minuto dopo l’elezione a Papa, tutti gli italiani erano già diventati espertissimi della storia argentina e la condanna è stata scritta nel giro di 10 minuti. Il nuovo Papa è stato un complice dei generali.

Ecco, non è proprio così.
La gerarchia argentina fu sicuramente complice del regime, come scrivono sul Post:

Durante gli anni della dittatura, quindi, si procedette tra le coraggiose prese di posizioni di alcuni sacerdoti – la minoranza, che a volte pagava con la vita – e la maggioranza e i massimi vertici della Chiesa, che aiutavano in silenzio nel migliore dei casi ed erano apertamente conniventi con la dittatura nei peggiori. E più si sale nella gerarchia, più il rapporto con il potere era stretto.

Per quanto riguarda Bergoglio, l’accusa principale, mossa nel libro Il volo. Le rilevazioni di un militare pentito sulla fine dei desaparecidos di Horacio Verbitsky sarebbe quella di aver agevolato l’arresto di due sacerdoti. Ma anche qui, la verità è forse diversa.

L’episodio centrale su Bergoglio riguarda il rapimento di due sacerdoti appartenenti all’ordine dei gesuiti, Orlando Yorio e Francisco Jalics. Questi vennero rapiti nel maggio del 1976 da militari della marina argentina e rilasciati dopo sei mesi di torture nella famigerata caserma dell’ESMA di Buenos Aires. Secondo Horacio Verbitsky, l’allora capo dei gesuiti ritirò la sua protezione nei confronti dei due sacerdoti, dando in questo modo un assenso più o meno implicito al loro rapimento. Le accuse sono mosse da Verbitsky sulla base di alcune dichiarazioni di Jalics, che dopo il rilascio si spostò in un monastero tedesco.
Il primo punto problematico è che l’ordine di Bergoglio a Yorio e Jalics di abbandonare la loro missione nelle villas miserias è del febbraio del 1976, un mese prima del colpo di stato militare. Inoltre, quel “via libera” che sarebbe implicito nell’ordine non è supportato da nessun documento che testimoni di contatti diretti tra Bergoglio e i militari.

Bergoglio ha parlato raramente di questi fatti, ma quando l’ha fatto, ha sempre negato categoricamente.

Bergoglio ha fatto pochi riferimenti alle accuse contro di lui, negando sempre ogni comportamento scorretto e chiamando la ricostruzione di Verbitsky “calunnie”. Ha detto che, al contrario, negli anni della dittatura operò segretamente «fin dalla notte del rapimento» per ottenere il rilascio del due gesuiti dall’ESMA, così come di altri arrestati dai militari. In un libro autobiografico pubblicato nel 2010, El Jesuita, ha scritto: «Ho fatto quello che ho potuto con l’età che avevo [40-47 anni, NdR] e le poche relazioni con quelli che contavano, e ho supplicato per le persone sequestrate».

A sostegno dell’innocenza di Bergoglio si è espresso anche Adolfo Pérez Esquivel, oppositore della dittatura argentina e premio Nobel per la pace.

Ci furono vescovi che furono complici [dei militari], ma non Bergoglio, che non aveva legami con la dittatura.

Quindi, le cose non sarebbero propriamente come sono state presentate da alcune frettolose analisi.
Aldo Cazzullo in un’articolo del 2005 nel quale raccontava la storia di Bergoglio, raccontò la vicenda in ben altro modo.

Nella prova terribile della dittatura militare, Bergoglio si mosse per salvare preti e laici dai torturatori, ma non ebbe parole di condanna pubblica che del resto non sarebbero state possibili se non a prezzo della vita, e tenne a freno i confratelli che reclamavano il passaggio all’opposizione attiva. Due di loro lasciarono i gesuiti, e subito dopo furono prelevati dalla polizia politica. Un’infamia alimentata dai nemici di Bergoglio indicò in lui l’ispiratore del sequestro; era vero il contrario: il Provinciale andò di persona da Videla per chiedere la liberazione dei due religiosi, e agli atti della giunta militare risulta la richiesta di un passaporto per loro.

Vorrei fare anche una nota a margine.
Siamo tutti bravi ad invocare scelte eroiche da parte degli altri.

Eppure anche noi abbiamo avuto una dittatura e sappiamo quanto sia facile poter discernere tra chi appoggiò il regime e chi lo contrastò, mentre non consideriamo mai la maggioranza della popolazione che, semplicemente, provò a fare del proprio meglio pur non avendo il coraggio di lasciarci le penne.

Luca

Categorie
diritti umani politica

Ma che te ridi?

La batttuta di Berlusconi sui desaparecidos argentini è la perfetta esplicazione della pochezza intelletuale e politica del nostro presidente del consiglio.

Ritengo corresponsabile di questa gaffe Di Pietro che paragonò Berlusconi in modo sciagurato ad un generale argentino.

Luca

Categorie
diritti umani politica

E se Di Pietro fosse veramente un ignorante?

Voglio ripeterlo, per non essere accusato di essere un voltagabbana.
Ho, in passato, votato per Di Pietro.
L’ho fatto.
Non lo farò più.

Uno dei motivi lo potete capire leggendo il post perfetto scritto da Matteo Bordone.
Se avete voglia, leggete tutto il post.

In estrema sintesi, quello che Bordone dice è che avvicinare una persona accusata di aver torturato ed ucciso 30.000 oppositori ad un’altra persona che ha votato qualcuno nella Commissione di Vigilanza della RAI è non soltanto ridicolo, ma offensivo.

Provate ad immaginare una persona a voi cara che viene gettata, viva, da un aereo.
Ora provate a paragonare chi ha deciso di gettarla da quell’aereo con Berlusconi.

Adesso incazzatevi con Di Pietro.
Perché si può dire quello che si vuole, ma bisognerebbe cercare di avere le giuste misure.

Ecco l’incipit di Bordone.

Ormai da Santoro c’è fisso Di Pietro. Di Pietro alza l’asticella. Di Pietro dice che quello deve finire in galera. Di Pietro ripete che è ora di finirla. Di Pietro ribadisce quella condizione di allarme rosso che rende il programma di Santoro più acceso di qualunque programma simile. È vero quello che dice? Certo. Magari non tutti devono finire in galera, ma i presupposti non sono inventati. Il problema è che Di Pietro non fa una mazza, se non far sentire integerrimi quelli che condividono la sua indignazione. Di Pietro rappresenta pochi italiani in valore assoluto, ha stretto alleanze storte e poco efficaci (meno si allea e più è paladino del bene contro l’ingiustizia) eppure va molto in televisione perché in televisione, soprattutto in certi programmi, funziona. Poi però dice che Berlusconi è come Videla per una questione relativa alla Commissione di Vigilanza RAI. E allora uno si incazza.

Lo so che viene voglia di votare Di Pietro.
Non ne vale assolutamente la pena.
Ve ne pentirete, credetemi.

Luca