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Tenere il volume sempre al massimo

Chi ogni tanto legge questo blog sa che fin dall’inizio mi sono occupato del caso di Aldro.
Sono anche molto sensibile al tema dei diritti umani.

Per questo mi permetto di dire che quanto scrive oggi Beppe Grillo sul suo blog è per l’ennesima volta una forzatura.
Grillo si scandalizza della pena (3 anni e sei mesi) senza dire che questa è stata praticamente la pena richiesta dall’accusa e che il giudice ha quindi confermato.
E’ evidente che i quattro poliziotti non volessero uccidere Aldro.
Si sono comportati da bestie e non hanno calcolato le conseguenze della loro violenza.
Tanto che sono stati accusati di omicidio colposo.

Grillo si stupisce che ancora i poliziotti non siano stati radiati dalla polizia, ma si scorda del fatto che forse per farlo è stato necessario attendere che fossero riconosciuti colpevoli.

Non si può urlare sempre a manetta con il volume al massimo e non dire mai le cose nella loro compiutezza.
Troppo facile inveire contro tutto e contro tutti.

Nel video pubblicato sul blog di Grillo si lanciano ad intervistare la mamma ed il babbo di Aldro pochi secondi dopo la lettura della sentenza senza nemmeno aspettare che abbiano smesso di piangere.
Poi tentano di aizzarli e di fargli dire che 3 anni e sei mesi siano pochi.

Se c’è una cosa che hanno fatto i genitori di Aldro è sempre stata quello di mantenere la loro battaglia entro un confine di dignità e di rispetto delle istituzioni.
Grillo dovrebbe imparare un po’ da loro.

Luca

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diritti umani

Verità e giustizia per Aldro

Sembra che giustizia sia stata fatta.

Tre anni e sei mesi. Dopo cinque ore di camera di consiglio il giudice Caruso ha emesso la condanna: i quattro poliziotti imputati dell’omicidio colposo di Federico Aldrovandi avvenuto il 25 settembre 2005 sono stati giudicati colpevoli. Alla lettura del dispositivo della sentenza il pubblico presente è esploso in un boato, costringendo il servizio d’ordine a evacuare l’aula B.

A questo punto non resta che augurarci che i quattro poliziotti accettino la sentenza e decidano di non ricorrere in appello.
Sarebbe la loro ultima possibilità per rispettare quel ragazzo che hanno ucciso.
Prendano esempio dal loro collega che qualche giorno fa ha scritto una lettera ad Aldro:

Il tuo, era e doveva essere il più semplice degli interventi che una forza di polizia può affrontare e risolvere. Quella mattina potevi essere chiunque, il figlio di chiunque, la persona più onesta o disonesta di questo mondo. Quando ci si trova di fronte a una persona nelle condizioni in cui ti hanno descritto, la prima cosa da fare è chiamare un’autoambulanza con medico al seguito. Nel frattempo si prova a dialogare con chi ti sta di fronte per cercare di calmarlo, di tranquillizzarlo. Se poi è violento o diventa violento ci si allontana, ci si chiude in macchina chiedendo rinforzi. Una volta arrivato il medico, con questi si concorda su come intervenire. Di solito si immobilizza il soggetto e il medico pratica un’iniezione con del calmante. C’era solo questo da fare e nient’altro

Invece i quattro poliziotti manganellarono Aldro fino a spaccargli addosso due manganelli, poi lo misero a testa in giù, premendolo sull’asfalto con un ginocchio sopra il torace finché non morì.
La decenza vorrebbe che accettassero la sentenza e dimostrassero di essere uomini.
Intanto, però giustizia è stata fatta.

Luca

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1405 giorni dopo

Oggi dovrebbe essere il giorno della sentenza per la morte di Aldro.

Luca

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diritti umani

Sei drogato, quindi ti massacro

Al processo per la morte di Aldro la difesa gioca in modo cinico la carta della tossicodipendenza.

Come se l’aver assunto droghe desse mandato alla polizia di massacrarti di botte.
La sentenza ci dovrebbe essere fra un paio di giorni.

Luca

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diritti umani

Il processo per la morte di Aldro

Repubblica ci ricorda che il processo per la morte di Aldro si sta avviando alla conclusione ed il 30 Giugno ci sarà la sentenza.

Domani, dopo quattro anni di inchieste e due di dibattimento, ventisei udienze e quattro imputati (Paolo Forlani, Luca Pollastri, Enzo Pontani e Monica Segatto), otto avvocati e quindici periti, riprenderà la requisitoria del pm Nicola Proto. Il 30 giugno la sentenza. E quel giorno, forse (l’ultimo forse della serie?) sapremo perché lo studente Federico Aldrovandi, incensurato, non tornò mai a casa quella domenica di settembre del 2005, e gli si spezzarono invece il respiro e il cuore mentre a terra, raggomitolato, ammanettato, manganellato gridava “no, no!”. Era l’alba.

Auguriamoci che venga fatto giustizia vera.

Luca