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Siamo stati almeno una volta quelli che

Avevo già detto qualcosina qualche tempo fa sulla violenza contro le donne.
Oggi Francesco Piccolo ha scritto su Repubblica una cosa molto bella per i maschi e sui maschi.
Ha, purtroppo e tristemente, molta ragione.

Siamo stati almeno una volta (e anche di più) nella vita quello che urlava sopra, che non faceva parlare, che doveva parlare prima lui; quello che spiegava come bisogna comportarsi, o come fare una cosa, o addirittura come bisogna vivere; quello che ha cercato di imporre il suo ruolo, quello che si è incazzato di più perché sapeva di avere torto; quello che non ha accettato che si amasse un altro uomo (non ha accettato è poco). Quello che si ricorda che aveva ragione anche due mesi dopo, e chiama, e dice: hai visto che avevo ragione? Quello che quando parla a una riunione si rivolge agli altri uomini. Quello che si dimentica come si chiama la collega. Quello che manda messaggi ambigui per tutta la vita. Quello che sul treno si sente in dovere di rivolgere la parola a una donna che siede di fronte solo perché è carina, e non riuscirebbe a tornare a casa senza averlo fatto. Quello che si appropria delle idee delle altre, disinvoltamente. Eccetera, eccetera, eccetera.

Luca

Foto | Cartoon Movement

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Pensierino di fine anno

È stato un anno strano per molti di noi, che siamo tornati alla normalità, ma non senza un disagio di fondo che il lungo periodo di lock down ci aveva lasciato dentro.
Ci siamo ributtati nella vita di prima, facendo fatica a riprendere un passo che ci rendevamo conto di non riuscire più a tenere.
La tentazione, sempre forte, di ritornare nella nostra grotta, di rinunciare a quella libertà che tanto ci era mancata.
Buttarsi sul lavoro, riempiendo il tempo con le cose urgenti da fare, poche volte con le cose importanti da portare avanti.

Questi dieci minuti di Mario Calabresi al TEDx di Milano mi hanno fatto pensare.

Lui dice che le cose importanti sono facili da riconoscere:

Le cose importanti sono quelle che se non le facciamo avremo un rimpianto.

Se avete tempo, ascoltatelo.
Magari, anche a voi, verrà voglia di scrivere un fogliettino la domenica sera da tenere in tasca tutta la settimana.

Luca

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Saremo noi che abbiamo nella testa un maledetto muro

Questo blog ha già più di quindici anni ed io l’ho quasi abbandonato.
Ho quasi abbandonato anche i social.
Leggo un po’ Twitter, guardo qualcosa su Instagram, una volta ogni 2-3 giorni faccio un giro su Facebook, Tik Tok non l’ho neppure mai installato.
Credo che il numero dei tweet iniziati e poi eliminati sia decisamente superiore a quello dei tweet pubblicati.
I motivi del mio disimpegno sono tanti, ma sono tutti in qualche modo legati alla tossicità delle relazioni umane che ci sono sui social network.

Questa tossicità prende un po’ tutti, buoni e cattivi.
Non è che io mi aspetti che un nazista non usi toni violenti, ma quando quelli che rispondono al nazista usano toni altrettanto violenti, allora mi disoriento.
E’ come se negli ultimi anni qualcuno avesse aperto al massimo la manola del gain sull’amplificatore.
Non si sente più niente, ci sanguinano le orecchie, non si capisce più chi suona bene da chi suona male.
Non si riconoscono più i buoni dai cattivi.

E’ un paradosso, ovviamente, perché un nazista sarà sempre distinguibile da una persona intelligente e sana di mente, ma credo che ci siamo capiti.

Nelle dinamiche tra vaccinisti, no-vax, no-pass e mettetici dentro qualsiasi altra sigla vi venga in mente, questa incapacità di comunicare ha probabilmente raggiunto un punto massimo di non ritorno.
Nessuno riuscirà più a convincere una persona che ha deciso di non vaccinarsi a farlo.
Magari si vaccinerà, perché obbligata, ma lo farà gridando allo scandalo.
Ed è inutile mostrare dei numeri, dei grafici, delle statistiche.
Innanzitutto, perché quei numeri e quei grafici non vengono compresi, e poi, soprattutto, perché quei numeri, per un no vax, sono falsi.
E’ perfino inutile spiegare che un malato in terapia intensiva costa al servizio sanitario nazionale una cifra vicina ai 20.000 euro al giorno e che una buona parte di quella cifra viene girata alle aziende farmaceutiche che producono gli strumenti ed i farmaci per provare a tenere in vita un malato grave di covid, facendo notare che una dose di vaccino costa 18 euro, perché ti verrà detto che non è vero, che i malati in terapia intensiva non ci sono e che il vaccino è solo un grande affare per Big Pharma.
E quindi non c’è niente da discutere.

Una grave, gravissima responsabilità ce l’abbiamo tutti noi, che abbiamo dato fiato ai social, indirizzando inconsapevolmente il dialogo verso la violenza e l’incomunicabilità.
E quando dico social, intendo anche la TV, che di fatto usa ormai dinamiche molto simili.

Non resta che aspettare.
Impareremo a convivere con il Covid, grazie ai vaccini.
La gente morirà sempre meno.
Noi diremo che è merito anche dei vaccini, altri diranno che è la dimostrazione che il Covid era una invenzione.

Fino alla prossima bolla, fino al prossimo motivo per dividerci tra noi.

E non sentiamoci assolti, nessuno di noi.
Perché per ogni no-vax violento, c’è un Roberto Burioni che lo bullizza.
Per ogni idiota con la stella di david incollata al cappello c’è una Selvaggia Lucarelli che va in piazza a fare la splendida.

Il muro che vediamo nella testa delle altre persone è, probabilmente, lo stesso che abbiamo nella nostra.

Luca

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Quanto ci piace l’intransigenza sulle vite degli altri

Oggi Luca Sofri ha scritto una cosa che condivido molto e che sostanzialmente ricorda come la paura, lecita e giustificata, del coronavirus ci stia facendo andare verso un clima di intolleranza e di intransigenza.

Stiamo diventando – un pezzetto alla volta, piano piano – più intolleranti, più desiderosi di intransigenza, più inclini alla disciplina imposta con le cattive, e senza andare per il sottile.
Senza pensarci troppo.

È normale, certo. È motivato, spesso. È bene?
Voi fateci caso.

Lo stiamo notando in molti. C’è un clima di caccia all’untore che è, sinceramente, insopportabile.
Siamo diventati improvvisamente tutti dei cittadini modello, sempre pronti a rimarcare agli altri le loro mancanze in termini di prevenzione sanitaria.
Si sfocia spesso addirittura nell’automortificazione; vedo gente in macchina da sola con la mascherina ed è una visione, permettetemi, un po’ ridicola.

Ieri alla radio sentivo un promo nel quale dicevano, più o meno: “Domani alle 11 tutte le radio trasmetteranno l’inno nazionale per proclamare l’orgoglio di essere italiani”.
Ecco, ma orgoglio di che cosa, esattamente?
Orgoglio di essere colpiti da un’epidemia?

Siccome vi conosco a voialtri e lo so che il patriottismo in Italia è separato dal fascismo da un filo sottilissimo, ecco, menatevela meno con gli inni nazionali, le reprimenda sui social a chi viola le regole e le cacce agli untori.
Perché il coronavirus magari ci uccide tuttti.
Ma, se non lo fa, dovremo prima o poi tornare ad una vita più o meno normale.
E non vorrei ritrovarmi a vivere in un paese di gendarmi che alle 18 in punto cantano l’inno nazionale dal balcone e poi vanno a menare i disgraziati che si danno la mano mentre passeggiano.

Perché la vita è complicata per tutti in questo periodo; non sappiamo come e quando ne usciremo.
State buoni, comportatevi bene, ma fateci la grazia di avere pietà di noi che, a differenza vostra, a volte siamo imperfetti e, Dio non voglia, a volte potremmo perfino sbagliare e, non sia mai, potremmo addirittura violare dei codici di comportamento che ci hanno, forse giustamente, imposto.

Quindi state calmini e forse riusciremo ad uscire da questa crisi senza menarci tra di noi.

Luca

La foto della Myss l’ho trovata in giro. Se è di qualcuno, segnalatemelo, la rimuovo, la brucio, faccio quello che mi dite. Abbiate pietà.

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Gesù bambini

E niente.
L’altro giorno ho visto una gallery del Post e questa foto mi è rimasta negli occhi.

Mi sembra l’icona più attuale di Gesù bambino.
Anzi, di Gesù bambina.

Buon Natale.
State sereni.

Luca

Foto (ARIS MESSINIS/AFP/Getty Images) | Via Il Post