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Cosa diceva Falcone del Terzo Livello. E cosa gli fanno dire oggi

Giovanni Falcone, nel 1991, negava con forza la possibilità che esistesse un Terzo Livello, mandante degli omicidi mafiosi

A furia di ricordarlo e di parlarne, mi è venuta voglia di leggere cosa scriveva Giovanni Falcone ed ho letto Cose di Cosa Nostra, il libro che il giudice scrisse nel 1991, poco prima della sua morte.

Falcone fa un quadro della mafia, anzi di Cosa Nostra, della sua organizzazione piramidale, dei suoi affari, delle sue vendette, del modo con il quale sia riuscita a sostituire lo Stato in una porzione del territorio italiano.

Molte cose le conoscevo, le avevo lette altrove, le avevo sentite raccontare da Falcone nelle sue interviste in TV.

Nell’ultimo capitolo c’è però una cosa interessante, che non avevo mai letto.
Falcone parla del famoso Terzo Livello, che sarebbe quello della politica, dei poteri forti diremmo oggi, che sarebbe il vero mandante degli omicidi di mafia.
Sappiamo come le stragi del 92 siano spesso state imputate a questo misterioso Terzo Livello rappresentato, secondo le ipotesi più audaci, da Berlusconi.

Ecco, Falcone scrive che il Terzo Livello, quello che alcuni riterrano responsabile della sua uccisione, è soltanto un fraintendimento. Non esiste nessun terzo livello. Anzi, chi lo cerca, non fa che ritardare le indagini e complicare il lavoro dei magistrati.

Vi riporto tutta la parte del capitolo finale in cui ne parla.
Mi pare molto interessante.

Questi crimini eccellenti, su cui finora non si è riusciti a fare interamente luce, hanno alimentato l’idea del «terzo livello », intendendosi con ciò che al di sopra di Cosa Nostra esisterebbe una rete, ove si anniderebbero i veri responsabili degli omicidi, una sorta di supercomitato, costituito da uomini politici, da massoni, da banchieri, da alti burocrati dello Stato, da capitani di industria, che impartirebbe ordini alla Cupola. Questa suggestiva ipotesi che vede una struttura come Cosa Nostra agli ordini di un centro direzionale sottratto al suo controllo è del tutto irreale e rivela una profonda ignoranza dei rapporti tra mafia e politica. L’idea del terzo livello prende le mosse, distorcendone il significato, da una relazione svolta da me e dal collega Giuliano Turone ad un seminario del 1982 a Castelgandolfo. Insieme avevamo redatto un rapporto sulle tecniche di indagine in materia di delitti mafiosi. Avevamo sottolineato che la mafia non è un’organizzazione che commette delitti suo malgrado, ma un sodalizio avente come finalità precipua il delitto; per esigenze sistematiche avevamo distinto i delitti «eventuali», come li avevamo definiti, da altri «essenziali». In altre parole, i reati come contrabbando, estorsioni, sequestri di persona, cioè i delitti per cui si è costituita l’organizzazione mafiosa, li avevamo classificati di «primo livello ». Al «secondo livello» avevamo classificato i reati che, non costituendo la ragion d’essere di Cosa Nostra, ne sono tuttavia l’indiretta conseguenza: per esempio, l’omicidio di un uomo d’onore che si è macchiato di uno sgarro nei confronti dell’ organizzazione. Restavano i reati non classificabili né come essenziali o strutturali (di primo livello), né come eventuali (di secondo livello), ma che venivano perpetrati in un dato momento per garantire la sopravvivenza dell’organizzazione: l’omicidio di un prefetto, di un· commissario di polizia, di un magistrato particolarmente impegnato. Ecco quindi il delitto di «terzo livello ». Attraverso un percorso misterioso, per non so quale rozzezza intellettuale, il nostro terzo livello è diventato il «grande vecchio », il «burattinaio», che, dall’alto della sfera politica, tira le fila della mafia. Non esiste ombra di prova o di indizio che suffraghi l’ipotesi di un vertice segreto che si serve della mafia, trasformata in semplice braccio armato di trame politiche. La realtà è più semplice e più complessa nello stesso tempo. Si fosse trattato di tali personaggi fantomatici, di una Spectre all’italiana, li avremmo già messi fuori combattimento: dopotutto, bastava un James Bond. Ciò non toglie che sia legittimo e doveroso chiedersi come mai non· siamo ancora riusciti a scoprire i mandanti degli omicidi politici. A parziale discolpa, potremmo dire che non abbiamo ancora scoperto neanche molti autori di delitti non politici. Ma sarebbe una giustificazione meschina. In realtà, trovo utopico pensare di risolvere i delitti del «terzo livello» se prima non sono stati risolti quelli dei livelli precedenti. Considero poi che la ricchezza crescente di Cosa Nostra le dà un potere accresciuto, che l’organizzazione cerca di usare per bloccare le indagini. Mi sembra infine che le connessioni fra una politica «affarista» e una criminalità mafiosa sempre più implicata nell’economia, rendono ancora più inestricabili le indagini. Con questo risultato finale: lo sviluppo di un sistema di potere che si fonda e si alimenta in Sicilia sulle connivenze e sulle complicità mafiose e che costituisce un ostacolo in più per delle indagini serene ed efficienti.

Per farvi capire quanto Falcone sia citato a sproposito, ecco quanto ha detto Di Pietro qualche settimana fa, in occasione dell’anniversario di Capaci:

Oggi ricordiamo un grande uomo, un servitore dello Stato che ha dato la sua vita per la legalità, la giustizia e la democrazia. Giovanni Falcone è stato il primo a parlare di ‘terzo livello’, della commistione tra politica e mafia.

Peccato che Falcone avesse parlato del terzo livello soltanto per negarne con forza l’esistenza.
L’ignoranza, è questo il più grave crimine dei nostri politici.

Luca

Una risposta su “Cosa diceva Falcone del Terzo Livello. E cosa gli fanno dire oggi”

Era ora che qualcuno mettesse un po’ d’ordine, dove regna, mi pare, l’ignoranza e la protervia, strumento per spacciare la prima. Grazie Luca!

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