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Genitori sindacalisti dei propri figli

Antonio Polito ha scritto un editoriale piuttosto interessante, e da me condiviso, sull’approccio che i genitori hanno verso i figli in questi anni zero, anzi dieci.

Dunque, ricapitoliamo. I nostri figli hanno diritto ad essere fuori corso anche dopo i 28 anni senza che austeri ministri li definiscano «bamboccioni» o frivoli viceministri diano loro degli «sfigati». Però, a 28 anni, hanno diritto a un posto di lavoro non solo stabile e comparabile alle loro aspirazioni, il che è ragionevole, ma anche inamovibile e sorvegliato da un giudice ex articolo 18.

Quello di Polito è un intervento che farà discutere.
Sarebbe un buon punto di partenza per fare una riflessione su di noi.

Questo elenco di «diritti» può apparire paradossale, ma è quello che si evince dal dibattito pubblico che in queste settimane si è finalmente acceso sulla questione giovanile (fino a qualche mese fa verteva di più su temi come il mestiere di velina o l’età dell’emancipazione sessuale). Diciamoci la verità: il senso comune degli italiani, in quanto genitori, è questo. Al punto che perfino un governo di professori e di liberali si è ritratto inorridito di fronte all’ipotesi di cancellare il valore legale del titolo di studio, cavallo di battaglia dei professori liberali dai tempi di Einaudi. A questo universo morale in cui non compare mai la parola «dovere», o «responsabilità», si deve aggiungere una crescente condanna popolare e mediatica per il «successo», sempre più considerato solo un’altra manifestazione della tanto deprecata ineguaglianza, quasi come se non si potesse avere successo senza una raccomandazione, un’illegalità, un’evasione fiscale. Ne esce così rafforzato all’inverosimile un malinteso senso di protezione verso i nostri figli; malinteso perché in realtà tradisce una sfiducia collettiva nei loro mezzi, una paura di lasciarli nuotare con le loro forze e il prima possibile, che a sua volta contribuisce a deprimere la loro autostima, assuefacendoli all’insuccesso col metadone di una potente giustificazione morale e sociale. Senza capire che l’unico vero antidoto all’ineguaglianza è la lotta del merito e del talento per emergere negli anni dell’educazione, affrancandosi così dalla condizione sociale, familiare o geografica.

Luca

Una risposta su “Genitori sindacalisti dei propri figli”

mah, a me pare che Polito faccia un minestrone con un po` troppi ingredienti.
Cmq si capisce cosa intende, ed e` tutto molto, molto italiano (cite)

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