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Ma cos’è questo articolo 18?

articolo 18

Oggi la Camusso ha replicato sul Corriere all’intervista rilasciata ieri dal Ministro del Welfare sempre al Corriere.
È un’intervista dai toni durissimi. Non mi ricordo interviste di questo tenore nemmeno quando il ministro era Sacconi ed il presidente del consiglio Berlusconi.

Il nodo del contendere è ancora una volta l’Articolo 18, che il governo vorrebbe rivedere, iniziando dai nuovi assunti.

Fornero propone il contratto unico per i giovani, senza le tutele al 100% dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
«Sarebbe un nuovo apartheid, a danno dei giovani. Se facciamo un’analisi della realtà, vediamo che la precarietà c’è soprattutto dove non si applica l’articolo 18, nelle piccole aziende. Quindi tutta questa discussione è fondata su un presupposto falso. Vogliamo combattere la precarietà? Si rialzi l’obbligo scolastico, si punti sull’apprendistato e si cancellino le 52 forme contrattuali atipiche.

Ecco.
Tralasciamo l’idea che i problemi dei precari si possano risolvere innalzando l’obbligo scolastico, ed andiamo avanti.

La realtà è che ai sindacati del precariato importa molto poco.
Continuano a difendere gli interessi dei pensionati e dei dipendenti pubblici.
Che va anche bene, visto che saranno il 98% degli iscritti al sindacato.
Ma non venga il sindacato a dire di voler difendere i giovani, denunciando addirittura un’apartheid contro di loro.
Dimostrano di non sapere niente del mondo dei giovani e dei precari.

L’articolo 18 è un fantoccio che i giovani non conoscono.
Vorrei capire quanti giovani hanno un contratto a tempo indeterminato in una grande azienda.
A meno di non considerare giovani i trentacinquenni.

Dica, la Camusso, di voler difendere i suoi iscritti.
Non c’è niente di male, in fondo è quello il suo mandato.

La triste verità è che i precari veri, non quelli che solidarizzano a parole con loro, non li difende nessuno.
Sarà forse per quello che nessuno di loro si iscrive al sindacato.

Luca

13 risposte su “Ma cos’è questo articolo 18?”

>Dica, la Camusso, di voler difendere i suoi iscritti.
questo è un problema di tutte le lobby, si spacciano per difensori degli interessi di tutti: ma una lobby che non difende se stessa contro “tutti” non è una lobby

ESATTO!
Non si capisce che in Italia l’anomalia non e` tanto nel precariato, ma nella qualita` del precariato. A me sta pure bene avere rinnovi annuali ed in caso di non rinnovo di cambiar sede/lavoro, ma questa precarieta` deve essere indennizzata nello stipendio. Mi fai un contratto di un anno? benissimo, fanno 3000 euro netti al mese piu` contributi ferie e malattie, come funziona nei paesi che producono. Altrimenti vada per il posto fisso a 1000 euri/mese. E pensa, i ricercatori precari non possono iscriversi ai sindacati perche` non son riconosciuti come lavoratori, pur lavorando e producendo magari da anni…

” fanno 3000 euro netti al mese piu` contributi ferie e malattie” non esageriamo, dai 🙂

E` lo stipendio di un postdoc nei migliori istituti europei. Effettivamente e` molto ben pagato, si parla di posti dove giran quattrini veri e la ricerca e` al top.. abbasso il tiro alla normale universita` tedesca o francese o spagnola: 2300 E netti al mese + contributi etc etc
E non faccio esempi USA o UK senno` ci si resta male.

@eleonora: ora non vorrei fare il bastian contrario, ma un caro amico ingegnere elettronico con lode a Milano, qualche pubblicazione alle spalle e una testa davvero grande fu chiamato dal Max Plank Institute per fare studi su un rilevatore (se non ricordo male per TAC). Gli proponevano uno stipendio inferiore a quello che gli propinava un’aziendina della brianza che faceva condizionatori… era una cifra che – in germania – voleva dire “non mangiare”… direi che anche all’estero abbiano mangiato la foglia e facciano proposte di contratto correlate con la “fame” di chi bussa alla porta…

@luca: ho tanti amici trentacinquenni, pochi con posto fisso, molti costretti ad essere liberi professionisti…

vorrei capire come mai – se art. 18 non vale nelle piccole imprese – in uno studio professionale con dodici dipendenti, il licenziamento (per evidente negligenza e per richiesta di allontanamento – richiesta peraltro giustificata – da parte delle colleghe) di una segretaria ha comunque comportato una definizione amichevole della fine di rapporto (ovvero un pagamento di n mensilità)…

@yetiste non e` quello che vedo io nei bandi che mi arrivano, un giorno si e quello dopo anche.
Qui puoi trovare le condizioni lavorative di un postdoc ad ESO:
http://www.eso.org/sci/activities/FeSt-overview/ESOfellowship-faq.html#conditions
“The basic monthly salary of a fellow is around 3000 Euros”
Questa invece e` cambridge:
http://www.jobs.cam.ac.uk/job/?category=2
come vedi i postdoc vanno dalle ~27500 alle ~35500 sterline/anno, ovvero 2690E/mese per il neodottore e 3550E/mese per il postdoc anziano.
Un altro mi viene dall’IFCA di Madrid (istituto meno prestigioso dei precedenti).
http://www.ifca.unican.es/
“The salary will be in the range 31,000-42,000
euros depending on experience.” si intende all’anno per 2+1 anni

si sono pedante, lo so…
Il dottorato di ricerca in questi paesi vale molto ed e` pagato per quello che valle. Non so come sia per i laureati, sicuramente ce ne sono di piu` e (giustamente) son pagati meno di un PhD a parita` di anzianita`. Comunque un neo-laureato che resta nel mondo della ricerca al max planck prende sui 1200 al mese (+ contributi) per 3-4 anni, a monaco non farai il signore ma a 25 anni ci vivi bene.

@yetiste: riguardo al pagamento di n mensilità ci sono mille motivi per cui uno pur allontanato giustamente, ottiene delle buonuscite e l’azienda probabilmente si è fatta i suoi conti in tasca prima di pagarle

@eleonora: pedante pure io… al mio amico (di cui sono testimone di nozze) era stato proposto un post-doc (dopo avere fatto la tesi di dottorato al Politecnico di Milano). semplicemente, invece di essere un bando “erga omnes” era una proposta di lavoro diretta, e quindi tarata direttamente sui costi prevedibili di un post-doc per un italiano.
@dema: i motivi per ottenere la buonuscita erano semplicemente “altrimenti vi faccio un’azione di reintegrazione avanti il tribunale del lavoro” e i motivi della ditta erano “accettiamo il ricatto, perchè comunque se resti un mese di più facciamo bancarotta”. in effetti, entrambi ottimi motivi.

@yetiste: proprio qui ti volevo…se art. 18 non vale nelle piccole imprese, che basi aveva la tipa in questione per intraprendere un’azione legale? c’era il rischio che la vincesse? e soprattutto, se art 18 non vale nelle piccole imprese, che c’entra il con questo post? 😛

Questa discussione fa capire quanto sia fondamentale l’articolo 18 nella vita delle persone. 🙂

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