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L’estrema occasione persa da Andreotti

a battuta «in romanesco» di Giulio Andreotti è giunta fuori tempo massimo, arriva quando le polemiche sul caso Ambrosoli sono ormai sopite e i processi lontani. Per questo è ancora più stridente e fastidiosa, perché arriva nel tempo della memoria, quello in cui a ognuno sarebbe richiesto un di più di verità, di chiarezza o perlomeno di rispetto.

Il duro e condivisibile commento su Andreotti di Mario Calabresi in una sua risposta ad una lettera di un lettore:

La battuta «in romanesco» di Giulio Andreotti è giunta fuori tempo massimo, arriva quando le polemiche sul caso Ambrosoli sono ormai sopite e i processi lontani. Per questo è ancora più stridente e fastidiosa, perché arriva nel tempo della memoria, quello in cui a ognuno sarebbe richiesto un di più di verità, di chiarezza o perlomeno di rispetto.
Il senatore a vita aveva l’occasione finale per un gesto di sensibilità, per provare a mostrare perlomeno un ravvedimento di fronte a un uomo che fu lasciato solo in vita e perfino il giorno del suo funerale. Invece si è rifugiato in una di quelle battute che lo hanno reso famoso, che per anni sono state la sua cifra e gli hanno permesso di cavarsi d’imbarazzo. Ma i tempi sono cambiati e la mia sensazione è che questo sfregio alla memoria di un grande italiano macchi anche l’ultima pagina della vita di Andreotti.
Ieri l’ex leader democristiano si è giustificato sostenendo di essere stato frainteso: «Intendevo fare riferimento ai gravi rischi ai quali il dottor Ambrosoli si era consapevolmente esposto con il difficile incarico assunto».
Quella consapevolezza è proprio la cifra della grandezza di Ambrosoli, in un’Italia che «tiene famiglia» e gira la testa dall’altra parte lui ha fatto fino in fondo il suo dovere, conscio del rischio che correva. «È indubbio – scrisse alla moglie in una lunga lettera testamento – che, in ogni caso, pagherò a molto caro prezzo l’incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un’occasione unica di far qualcosa per il Paese».

Luca

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