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Dov’è il limite?

Sara Sottocornola di Montagna.tv ha scritto oggi una riflessione molto interessante su quella che è l’eterna domanda che si pone chi segue l’alpinismo: ha senso inseguire un purismo esasperato?

Siamo i primi ad amare la montagna, l’alpinismo e tutto ciò che vi ruota intorno. Lo dimostriamo tutti i giorni, nel bene e nel male, raccontando le loro storie. Lungi da noi l’intenzione di dar corda a chi usa l’infelice espressione della “montagna assassina” o a chi vede gli alpinisti come dei pazzi suicidi. Ma nei giorni scorsi ci siamo chiesti se non esista un limite.

La risposta a chi si sta domandando se non stiamo esagerando sono questi nomi. Tomaz Humar, Michele Fait, Roby Piantoni, Max Schivari, Serguej Samoilov, Oscar Perez, Piotr Morawski, Franc Oderlap, Cristina Castagna, Wolfgang Kolblinger, Go Mi Sun. E altri ancora. Non è la formazione dell’ultimo “dream team” diretto in Himalaya. Ma l’elenco dei morti degli ultimi mesi. Mesi, non anni.

Insomma, c’è chi pensa che sarebbe ora di ritornare un po’ indietro e rinunciare allo stile alpino duro e puro, quello di Messner e degli altri grandi.
Perché quando iniziano a morire come mosche, non gli alpinisti improvvisati, ma i migliori, allora forse è il segnale che siamo arrivati al limite ed è meglio rinunciare ed iniziare la discesa.
Insomma, portarsi un medico al campo base od utilizzare la tecnologia non sono segni di debolezza, ma di amore per la vita.

Luca

Una risposta su “Dov’è il limite?”

a me piace fare scialpinismo con qualche breve tratto di corda, giusto per arrivare in cima al pizzo che si è scelto di scalare, niente di particolare, è un’attività lontanissima da quella degli alpinisti duri e puri di cui parli sopra, ha giusto in comune i paesaggi o meglio, l’atmosfera. E’ lontanissima per la pericolosità: con un pizzico di esperienza, bollettini meteo e neve alla mano e cartine altimetriche possibilmente svizzere, qualche dritta di chi ci è stato si ha ben presente a priori quali siano i limiti e normalmente mi guardo bene anche solo dall’avvicinarli.
Però capita che a metà itinerario o magari quasi in vetta ci si scambi uno sguardo d’intesa e si decida per una variante giusto un pochino più arrischiata scartata in fase di pianificazione, magari con un paio di passaggi obbligati e un pò di pendenza in più.. è una cosa abbastanza spontanea e tutto sommato ancora nei limiti della sicurezza..
I duri e puri hanno una conoscenza a priori di quello che si apprestano a fare estremamente precisa, esperienza da vendere e sanno quindi benissimo quali sono i limiti che si apprestano a sfidare, se li vanno scientemente a cercare.
Forse sono pazzi suicidi, ma quello che mi ha sempre impressionato è la lucidità e la progettualità di questa follia: si pianifica con anni di anticipo e a mente fredda imprese al limite del disastro.
Che cosa vai a dire ad un tizio che ragiona così? Come lo fermi? E poi è davvero giusto fermarlo?

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