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La ragazza col velo

Arrivo al parcheggio e lo trovo occupato.
Vado in quello vicino e scopro che stanno tagliando l’erba e che non si può parcheggiare.
Ovviamente perdo la Rapida e devo prendere la Diretta.
Poco male.
Se non c’è traffico riesco ad entrare a lavoro comunque in tempo.

La Diretta passa attraverso vari paesi, prendendo a bordo soprattutto ragazzi delle scuole.
Ad una fermata mi metto ad osservare un gruppetto di ragazze.
Avranno 16 anni, non di più.
Le osservo da dietro il vetro.
Ridono.
Tra loro c’è una ragazza apparentemente mediorientale che indossa il velo.
Ride insieme alle altre, anche se appare leggermente distaccata.

Mi viene da pensare che non servono leggi, imposizioni, circolari ministeriali o marce di protesta.
La figlia di quella ragazza non indosserà il velo.
E sarà sua madre a permetterle di rompere il tabù.
Credetemi, sarà così.
Ne sono sicuro.

Basta avere un po’ di pazienza.
Vent’anni. Non di più.

Luca

13 risposte su “La ragazza col velo”

Hai ragione, è proprio così. Ieri ho sentito una donna strordinaria, Stefania Guerra Lisi, parlare di “grembo sociale”. Bello, no?
Se creiamo un grembo sociale in cui accogliere le creature che vengono a noi, extracomunitari, bambini, portatori di handicap, allora tutto diventa più facile, più naturale, come stare nel grembo di una persona che ti ama incondizionatamente.

Grazie Luca per queste parole. Anche io penso che sia proprio così, così e non altrimenti. E l’immagine del grembo sociale rende visibile in maniera perfetta la possibilità che ci sia un futuro di speranza convivenza incontro amicizia amore.
E come fossi una maestra ti do il voto, a te e a Silvia: Bravissimi!!!

Bello, mi piace! Sa un po’ di carramba, ma chi se ne frega?! Qualcuno che conosciamo direbbe che siamo buffi e semplici!

mi dispiace rompere questo idillio (chi mi conosce dirà: e ti pareva…), ma nelle città europee dove l’immigrazione numericamente cospicua è comiciata molto prima che da noi, i “problemi” di non integrazione sono nati (vedi esempio a parigi nelle banlieues) dalle seconde e terze generazioni, che si sentono stranieri figli di stranieri, senza più vere origini e rimproverano o alla società in cui sono nati e cresciuti di non averli accolti davvero oppure ai propri genitori stessi di aver perso/rinnegato il proprio passato, subendone il ritorno…forse il fatto che la nostra realtà è molto diversa da quelle di Parigi e Londra farà sì che da noi questo processo di integrazione (se questa parola ha un senso…) sarà più facile…lo spero davvero, sarebbe bellissimo!

sono da un lato convinto che luca abbia ragione, e dall’altro temo che l’analisi di dema non sia sbagliata. il fatto è che – al solito, secondo me – la croce è fatta da due braccia… da una parte gli immigrati sono naturalmente portati a sopportare il cambio di vita compatti ed uniti (e nell’enclave le tradizioni sono dure a morire, anche quelle sbagliate), dall’altra noialtri non siamo capaci di capire le vere strategie di integrazione.

comunque, un velo che non sia lesivo dell’onore della donna, ossia mortificante della sua dignità e della sua femminilità… a me non disturba minimamente…

…dove c’è simpatia e semplicità ho sempre trovato tanta armonia…

@Dema: non hai rotto affatto l’idillio, perchè il tuo post termina con una bella boccata di speranza. E a tal proposito ricordati delle parole della “mitica Sandra”.

Direttamente da Ponte a Bozzone, sono ancora qui con voi…….Carramba!!!!
L’analisi del Dema è profondamente vera, ma la cosa che mi dà un po’ di speranza è il fatto che noi non abbiamo Parigi, ma abbiamo la provincia, intesa come piccole città e paesi diffusi in tutto il territorio. E l’integrazione mi appare più possibile a Boccheggiano o a Gerfalco che a Parigi. Per esserci integrazione convivenza o chiamatela come vi pare ci deve essere prima di tutto un incontro fra uomini e gli uomini è più facile che si incontrino e si capiscano in una piccola realtà.

P.S. Per parlarne tutti insieme potremmo trovarci nella stanzina sabato alle 15:30!

@Marco Angio: condivido in parte c’ho che dici, anche se, pensando alla “piccola” realtà senese, tale integrazione non è tanto semplice. Basti pensare a come lo straniero( che sia studente o extracomunitario) non venga visto molto bene e che come molte volte, lo stesso sentimento, sia provato nel caso inverso.

PS:Sì per sabato, ma io 1/4 alle 5 vo via perchè devo andare a prendere il 12 per andare a fare una vasca in città! C’ho da uscì con una…

@Marco&Marco: all’università di Ponte a Bozzone gli studenti fuori sede (per lo più di Pianella…) sono perfettamente integrati!

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