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Un paese di menta

Ieri sera mi sono guardato Niente di Personale, la trasmissione di Antonello Piroso su La7.

Non ho visto l’inizio, ma si parlava di anni di piombo e di comportamento dello stato nei confronti delle vittime.
Tra le testimonianze, quella di Rosy Bindi, che assistette all’omicidio del suo professore, Vittorio Bachelet, ucciso dalle BR nel 1980 nell’atrio della sua Facoltà.

In studio c’erano i figli di due vittime che, con posizioni diverse, si lamentavano del disinteresse nei loro confronti da parte delle istituzioni. Il loro disappunto era rivolto soprattutto alla recente elezione in parlamento di Sergio D’Elia, militante di Prima Linea e condannato come mandante dell’omicidio di un agente di polizia penitenziaria.
Prima Linea è stata una formazione terroristica, nata dalle esperienze di Lotta Continua e di Potere Operaio, quando queste due organizzazioni decisero di rimanere nella legalità e di non scegliere la lotta armata. Sergio D’Elia è stato un terrorista vero. Forse non ha mai ammazzato nessuno, ma porta sulle sue spalle responsabilità enormi. La riabilitazione è una cosa, l’amnesia un’altra. D’Elia, se fosse una persona seria, non avrebbe accettato di essere eletto in parlamento.

La parte più bella della trasmissione è stata l’intervista ad uno dei figli di Giorgio Ambrosoli.
Ambrosoli, avvocato civilista, fu incaricato dalla Banca d’Italia di investigare sulla Banca Privata Italiana di Michele Sindona, che era sospettata di gravi irregolarità. Dalle indagini di Ambrosoli emerse una rete sconvolgente di traffici finanziari illeciti tra Sindona, lo IOR, la DC di Andreotti, la mafia, la P2 di Licio Gelli.
Ambrosoli ricevette l’incarico nel 1974. Fu ammazzato da un sicario, ingaggiato da Sindona, nel 1979.
Al funerale di Ambrosoli non presenziò nessuna autorità, se si esclude l’allora governatore della Banca d’Italia.

Piroso ha ricordato di aver dichiarato durante un telegiornale che l’Italia a volte sembra “Un paese di menta”.
Questa dichiarazione lasciò interdetti e scandalizzati molti ascoltatori.
“Ma questa sensazione mi capita di provarla ancora oggi” ha terminato, visibilmente commosso, Piroso.
Ed io mi associo.
E’ anche la mia sensazione.

Luca

Nella valigetta di Ambrosoli fu trovata una sua lettera indirizzata alla moglie, scritta quasi cinque anni prima del suo omicidio. Si capisce che era ben conscio di quella che sarebbe stata la sua fine.
Le sua parole sono una testimonianza di cui l’Italia dovrebbe andare fiera.
Se non fosse un paese di menta.

Anna carissima,

è il 25.2.1975 e sono pronto per il deposito dello stato passivo della B.P.I. (Banca Privata Italiana n.d. r.) atto che ovviamente non soddisferà molti e che è costato una bella fatica.

Non ho timori per me perchè non vedo possibili altro che pressioni per farmi sostituire, ma è certo che faccende alla Verzotto e il fatto stesso di dover trattare con gente di ogni colore e risma non tranquillizza affatto. E’ indubbio che, in ogni caso, pagherò a molto caro prezzo l’incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perchè per me è stata un’occasione unica di fare qualcosa per il paese.

Ricordi i giorni dell’Umi (Unione Monarchica Italiana n.d.r.) , le speranze mai realizzate di far politica per il paese e non per i partiti: ebbene, a quarant’anni, di colpo, ho fatto politica e in nome dello Stato e non per un partito. Con l’incarico, ho avuto in mano un potere enorme e discrezionale al massimo ed ho sempre operato – ne ho la piena coscienza – solo nell’interesse del paese, creandomi ovviamente solo nemici perchè tutti quelli che hanno per mio merito avuto quanto loro spettava non sono certo riconoscenti perchè credono di aver avuto solo quello che a loro spettava: ed hanno ragione, anche se, non fossi stato io, avrebbero recuperato i loro averi parecchi mesi dopo.

I nemici comunque non aiutano, e cercheranno in ogni modo di farmi scivolare su qualche fesseria, e purtroppo, quando devi firmare centinaia di lettere al giorno, puoi anche firmare fesserie. Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai che cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo. Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto [… ] Abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi, verso la famiglia nel senso trascendente che io ho, verso il paese, si chiami Italia o si chiami Europa.

Riuscirai benissimo, ne sono certo, perchè sei molto brava e perchè i ragazzi sono uno meglio dell’altro [… ]

Sarà per te una vita dura, ma sei una ragazza talmente brava che te la caverai sempre e farai come sempre il tuo dovere costi quello che costi.

Hai degli amici, Franco Marcellino, Giorgio Balzaretti, Ferdinando Tesi, Francesco Rosica, che ti potranno aiutare: sul piano economico non sarà facile […]

Giorgio

2 risposte su “Un paese di menta”

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